🟨 BUON VOTO A TUTTI I seggi sono aperti, non perdiamo l’occasione di scegliere chi vogliamo che ci amministri nei prossimi 5 an…

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🟨 BUON VOTO A TUTTI

I seggi sono aperti, non perdiamo l’occasione di scegliere chi vogliamo che ci amministri nei prossimi 5 anni. Ognuno pensi al proprio comune e a cosa è meglio per renderlo piĂą vivibile. Ci aspettano gli anni della ripresa economica post Covid, bisogna ricostruire una SanitĂ  territoriale all’altezza delle nuove sfide e di una popolazione che cambia per etĂ  e fragilitĂ .

Nell’articolo qui sotto, l’opinione del Fatto Quotidiano sulle campagne elettorali dei leader di partito ⤵️

📰 E ora faranno i conti. Conclusa una campagna elettorale estenuata ed estenuante, l’unico campo di gioco lasciato alla politica dal Migliore e vorace Mario Draghi, i partiti si apprestano a contarsi nelle Comunali, in programma oggi (urne aperte dalle 7 alle 23) e domani (7-15), e nelle Regionali in Calabria. Dagli oltre 12 milioni chiamati al voto si attendono risposte molteplici: sulle nuove giunte nelle cinque principali città, certo, con il centrosinistra a geometrie variabili che sogna il 5 a 0 sul centrodestra, ma anche per gli equilibri interni nei vari partiti, mai così friabili. Proprio ora che la corsa per il Quirinale sta per iniziare.

M5S. Il Movimento che è un perenne ossimoro ha un capo di nome Giuseppe Conte che da settimane riempie le piazze ma che tra un selfie e l’altro ricorda che il M5S alle Amministrative non ha mai ottenuto grandi risultati, “e poi le liste si sono formate quando io non mi ero insediato come leader”, come disse un mesetto fa. Magari teme il vecchio detto “piazze piene, urne vuote”, di certo ha guardato stime e nomi. E poi sente già il rumore dei nemici interni, primi tra tutti quelli che resteranno fuori dalla futura segreteria, di cui non a caso l’avvocato ha rinviato il varo a dopo le Comunali. Nell’attesa è obbligato a vincere a Napoli con il contiano doc Gaetano Manfredi – possibilmente al primo turno – e a prendere una percentuale decorosa a Bologna, così da poter chiedere almeno due assessorati al dem Matteo Lepore. Altrove rischia di non sorridere: e vale pure per Roma, dove Virginia Raggi insegue il miracolo del ballottaggio. Conte la sua parte per lei l’ha fatta, ma se la sindaca non dovesse farcela appoggerà pubblicamente il dem Roberto Gualtieri. Perché a contare “è il percorso”, come ha ricordato ieri: quello con il Pd.

Voto alla campagna del leader: 7

PD. Ha perso chili – sei, pare – e recuperato colore, Enrico Letta, e per un segretario del Pd è già una buona notizia. Impegnato innanzitutto nella partita personale del collegio per la Camera di Siena, in cui ha ammesso di “giocarsi l’osso del collo”, Letta fiuta il successo nelle Amministrative di questa specie di centrosinistra, con Milano, Bologna e Napoli che sembrano blindate e Roma – dove un insuccesso per lui vorrebbe dire apocalisse – che pare a portata di mano. Se si vincesse anche a Torino sarebbe 5 a 0, per giunta con un candidato dem, Stefano Lo Russo. Ma sotto la Mole l’appoggio ufficiale di Conte e del M5S al ballottaggio non dovrebbe arrivare – Lo Russo fece un esposto contro la sindaca Chiara Appendino – e l’uomo del centrodestra Paolo Damilano è forte. Nell’attesa il segretario dem auspica per il secondo turno “convergenze sostanziali” con i 5Stelle, come ha detto al Mattino. Ma per proteggere la coalizione giallorosa da certi dem, gli ex renziani che troppo ex non sono, servono vittorie e accordi.

Voto al leader: 6,5

LEGA. Il Capitano fiuta il vento, con lo sguardo di chi teme di ritrovarsi un ufficiale come tanti altri. Non più capace di radunare folle come ai tempi gialloverdi, bersaglio frequente di quel Giancarlo Giorgetti che magari non vuole abbatterlo ma renderlo docile e composto quello sì, eccome, Matteo Salvini ha girato l’Italia dicendo tutto e il suo contrario, come certi centravanti che le provano tutte ma il gol non riescono più a farlo. Il caso di Luca Morisi è il meteorite che aggiunge danni e certifica la fine della Bestia, la sua macchina di propaganda; la grottesca campagna a Milano del “suo” candidato Luca Bernardo è lo specchio fedele della situazione (e non è un caso se dopo 30 anni il capo non si è ricandidato nella sua città). Se poi Giorgia Meloni dovesse superarlo a livello nazionale e nelle principali città, sarebbe disastro. E sai che fatica tenere il timone della Lega.

Voto al leader: 4,5

FDI. Le piazze le riempie anche lei, come e più di Conte, e il risultato di primo partito italiano con Salvini scavalcato è un trofeo alla portata. Giorgia Meloni annusa l’aria dei piani alti, frizzante, ma i freschissimi guai da Milano, con l’inchiesta di Fanpage carica di immagini e dichiarazioni inquietanti, le ricordano l’urgenza di ridisegnare un partito schizzato dal 4 al (potenziale) 20 per cento in un amen. Poi c’è la spina chiamata Enrico Michetti, il candidato al Campidoglio da lei fortemente voluto – anche se non era la sua prima scelta – che tra inni alle bighe e ai Cesari e palchi abbandonati sta sconcertando pure molti dei suoi. L’abbraccio a Roma con Salvini per le telecamere deve esserle costato: ma racconta il centrodestra.

Voto alla leader: 6

FORZA ITALIA. C’è, anche se non si vede, un po’ come il suo padre e padrone che ormai rifugge dai palchi come dalle udienze, Silvio Berlusconi. Forza Italia ha pochi eppure preziosi voti, utili soprattutto in tempi in cui si riparla di centro uber alles. Berlusconi spera davvero di poter fare il presidente della Repubblica, e questo già basta per restare al tavolo del centrodestra. Ma tira aria di batosta nelle urne, e forse anche per questo il patriarca ha detto alla Stampa parole al curaro: “Salvini o Meloni premier con Draghi al Colle? Ma non scherziamo”. Il Cavaliere ha poi smentito, ma i siluri sono comunque partiti. Va ricordato che in Calabria il forzista Occhiuto potrebbe vincere la Regione: ma quanto possa importare a Berlusconi, è mistero da teologi.

Voto al leader: ingiudicabile perché contumace

CALENDA & C. Essi vivono, anche discretamente. Sono o sarebbero i centristi, figli di quell’area della politica italiana che è sempre affollata, anche se forse neppure esiste. Carlo Calenda, con la sua lunghissima campagna di Roma, ha voluto soprattutto posizionarsi come referente di quel mondo. Poi ci sarebbe anche il senatore Matteo Renzi, quello che insulta il M5S, deride il Pd e sostiene i referendum di Salvini, ma che poi corre con il centrosinistra in molte delle città principali (senza simbolo, perché è persona discreta). Con loro e altri si dovrà parlare per il Colle. Ed è verità che fa rima con dazio.

Voti ai leader: dal 3 al 6

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Fonte Marco Fumagalli M5S Lombardia on Facebook

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