Africa: sono le guerre a uccidere milioni di bambini

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di Paolo Ermani – Le guerre in Africa hanno causato la morte di 5 milioni di bambini sotto i 5 anni dal 1995 al 2015 e 3 milioni sotto l’anno di età. A sostenerlo è uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet e frutto della ricerca di un team guidato dal dottor Eran Bendavid della Stanford University, in California.

Gli autori hanno ammesso che si tratta di numeri che sono risultati molto più alti di quanto ci si aspettasse. Naturalmente nella pubblicazione non manca di sottolineare la difficoltà della raccolta dei dati e delle segnalazioni, nonché la natura non sempre precisa delle informazioni relative alle varie ubicazioni e la presenza di migrazioni dovute proprio ai conflitti.

«Il nostro studio suggerisce che i conflitti armati nel continente africano abbiano ucciso molti più bambini di quanto originariamente non si credesse. Le guerre aumentano il rischio di morte e di gravi deprivazioni nei bambini piccoli anche su aree molto più vaste di quelle strettamente coinvolte nelle azioni militari e per molti anni dopo che i conflitti sono finiti» ha spiegato Bendavid.

«La guerra “moderna” genera una serie di conseguenze indirette ma letali sulle comunità, come per esempio malattie infettive prevenibili, malnutrizione e rende impossibile garantire servizi di base come l’approvvigionamento di acqua, le condizioni igieniche e le cure materne» continuano gli autori dello studio.

I ricercatori hanno preso in esame i dati disponibili sulla banca dati, completa e aggiornata, dell’Università di Uppsala, considerando 35 delle 54 nazioni africane coinvolte in 15.441 eventi di guerra tra il 1995 e il 2015.

I risultati hanno mostrato che i bambini nati entro 50 chilometri dalle zone interessate da conflitti armati avevano un rischio maggiore del 7,7% di morire nei primi anni di vita rispetto ai bambini nati nelle stesse zone in anni dove non si verificavano guerre (ciò corrisponde a un aumento assoluto di 5,2 morti oltre la media ogni 1000 nati).

L’aumento del rischio di morte cresce in proporzione all’intensità dei conflitti ai quali la popolazione è esposta; basti pensare che il rischio aumenta del 27% rispetto all’atteso in caso di conflitti in cui oltre un migliaio di persone vengano uccise.

I dati dello studio hanno anche dimostrato che la mortalità infantile era quattro volte più alta in caso di conflitti che duravano 5 o più anni consecutivi rispetto a guerre di un solo anno o meno. Il maggiore rischio di mortalità persiste fino alla distanza di 100 chilometri dalla zona di guerra e per i bambini nati fino a 8 anni dopo la fine del conflitto.

I ricercatori hanno dunque stimato che i conflitti armati in Africa tra il 1995 e il 2015 (considerando tutte le 54 nazioni) abbiano causato la morte di 3,1-3,5 milioni di neonati in più e di 4,9-5,5 milioni di bambini sotto i 5 anni.

Bendavid ha aggiunto che, stante quanto emerso, «l’impatto complessivo delle guerre in Africa, ma probabilmente dovunque, è largamente sconosciuto e i dati spesso non colgono le conseguenze più ampie e a lungo termine sulla salute della popolazione».

 

 

L’AUTORE


Paolo Ermani – Scrittore, formatore, consulente energetico, ideatore di progetti innovativi in ambito lavorativo e ambientale. Da metà degli anni ottanta si occupa di ambiente, energie rinnovabili, risparmio energetico e idrico, uso razionale dell’energia, tecnologie appropriate a cui poi ha aggiunto tematiche relative agli stili di vita, all’economia, il lavoro, l’alimentazione, l’agricoltura, la facilitazione. Ha lavorato e si è formato nei più importanti centri europei per le tecnologie alternative. Fra le centinaia di iniziative che ha realizzato è tra i fondatori dell’associazione Paea, del giornale web Il Cambiamento e del progetto sul lavoro Ufficio di Scollocamento. E’ autore dei libri: Pensare come le montagne (scritto con Valerio Pignatta), Ufficio di Scollocamento (scritto con Simone Perotti), Solo la crisi ci può salvare (scritto con Andrea Strozzi).

http://www.ilcambiamento.it/autori/paolo_ermani

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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