“L’Italia non deve avallare un meccanismo che riproduce le logiche del passato, che si sono rivelate clamorosamente sbagliate. Inoltre accettare questa riforma significherebbe ridurre gli interventi innovativi decisi per fronteggiare la pandemia a un’eccezione, in attesa di tornare appena possibile a politiche che minacciano la stessa sopravvivenza dell’Unione.Il governo italiano si appresta ad approvare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Una riforma preparata prima dell’insorgere della pandemia e che risponde alla logica delle “vecchia” Europa, quella che ha drammaticamente fallito nella gestione della crisi greca e che ha sbagliato anche nell’affrontare le conseguenze della crisi del 2008, relegando una delle aree economiche più ricche del mondo ad una sostanziale stagnazione decennale.La crisi pandemica sembrava aver provocato un salutare anche se tardivo ripensamento, con la messa in campo di strumenti che fino ad allora erano stati rifiutati. Ma questa riforma, per le sue caratteristiche, fa pensare che si voglia relegare questo cambiamento all’eccezionalità della situazione, per riprendere, una volta dichiarata finita l’emergenza, quegli stessi schemi che si sono dimostrati clamorosamente fallimentari. Anche le ipotesi su un’altra importante riforma, quella del Patto di stabilità, rafforzano questa lettura.
Il Mes, derivante da un accordo intergovernativo, è estraneo all’ordinamento dell’Unione, e questa riforma rafforza il suo ruolo rispetto agli organismi comunitari, aumentando ulteriormente il carattere tecnocratico della gestione dell’Unione. Il dramma è che l’accrescimento di questo ruolo avviene a favore di una tecnocrazia che si è già dimostrata ampiamente inadeguata nelle scelte di politica economica.
Il membro lussemburghese del board della Bce Yves Mersch, ha chiarito in modo esplicito che il Mes non serve a “salvare gli Stati” – cosa che sarebbe impossibile senza l’intervento della Banca centrale europea – ma a sottoporli a una sorta di “amministrazione controllata” attraverso le famigerate “condizionalità”. Mersch è giunto a minacciare una battaglia per frenare l’azione della #Bce, di fondamentale importanza specie in questa fase, se i paesi europei non ricorreranno al Mes. Non si poteva spiegare più chiaramente che il Mes non è uno strumento di aiuto, ma di controllo, un controllo affidato a funzionari senza nessuna legittimazione democratica e il cui compito statutario è agire “nell’interesse del creditore”, indipendentemente dalle conseguenze che ciò può provocare al paese sottoposto alla sua potestà.
Il Mes va rifiutato senza se e senza ma, così come va respinta l’affermazione secondo cui il prestito sanitario avrebbe condizionalità leggere o persino inesistenti, cosa che non ha riscontro nelle norme, che non sono state in nulla modificate. Il problema più importante è proprio il via libera a una riforma che riconferma una linea europea fallimentare, che in prospettiva mette in pericolo la stessa sopravvivenza dell’Unione. Qualsiasi seria riforma dell’ordinamento europeo deve prevedere l’abolizione del Mes. L’Italia non deve perdere l’occasione di affermare con forza questo punto.
La storia d’Italia degli ultimi trent’anni è caratterizzata da snodi critici in cui riforme apparentemente tecniche e di scarsa portata hanno pesantemente condizionato gli sviluppi futuri e limitato fortemente la discrezionalità politica nazionale, consegnandola al “vincolo esterno”. Tali riforme sono state fatte passare senza che l’elettorato fosse sufficientemente informato e cosciente della posta di gioco, spesso con argomenti speciosi quali la necessità di non perdere “credibilità” dinanzi ai partner europei. Siamo convinti che la riforma del Mes rappresenti uno di questi snodi cruciali e che sia necessario opporle il veto. Non solo perché nessuna delle richieste italiane è stata accettata – in particolare la contestuale attivazione della garanzia europea sui depositi bancari – ma soprattutto per affermare con forza che bisogna farla finita con la “vecchia” politica, e che i provvedimenti presi per fronteggiare la crisi pandemica non devono essere una eccezione destinata ad esaurirsi, ma la base di una politica europea profondamente diversa da quella del passato.
Nicola Acocella, Università di Roma La SapienzaGiuseppe Amari. Fondazione Giacomo Matteotti
Davide Antonioli, Università di Ferrara
Pier Giorgio Ardeni, Università di Bologna
Amedeo Argentiero, Università di Enna “Kore”
Lucio Baccaro, Max Planck Institute, Colonia
Alberto Baccini, Università di Siena
Simona Balzano, Università di Cassino
Annaflavia Bianchi, economistaMaria Luisa Bianco, Università del Piemonte OrientaleSilvia Borelli, Università di FerraraPaolo Borioni, Università di Roma La SapienzaEmiliano Brancaccio, Università del SannioCarmelo Buscema, Università della CalabriaRorita Canale, Università di Napoli ParthenopeGiuseppe Celi, Università diFoggiaSergio Cesaratto, Università di SienaRoberto Ciccone, Università Roma TreCarlo Clericetti, giornalistaOmar Chessa, Università di SassariAndrea Coveri, Università di UrbinoMarco Dani, Università di TrentoMassimo D’Antoni, Università di SienaClaudio De Fiores, Università della Campania Luigi VanvitelliPasquale De Muro, Università Roma TreAntonio Di Majo, Università Roma TreGiovanni Dosi, Scuola Superiore Sant’Anna di PisaCaterina Ferrario, Università di FerraraGuglielmo Forges Davanzati, Università del SalentoGianfranco Franz, Università di FerraraAndrea Fumagalli, Unniversità di PaviaMauro Gallegati, Università Politecnica delle MarcheGiorgio Gattei, Università di BolognaStefano Giubboni, Università di PerugiaClaudio Gnesutta, Università di Roma La SapienzaMarco Goldoni, Università di GlasgowDario Guarascio, Università di Roma La SapienzaAndrea Guazzarotti, Università di FerraraValentino Larcinese, London School of EconomicsRiccardo Leoncini, Università di BolognaRiccardo Leoni, Università di BergamoEnrico Sergio Levrero, Università Roma TreFederico Losurdo, Università di Urbino “Carlo Bo”Stefano Lucarelli, Università di BergamoSalvatore Madonna, Università di FerraraUgo Marani, Università di Napoli l’OrientaleMassimiliano Mazzanti, Università di FerraraAugustin Menéndez, Università Complutense di MadridEdmondo Mostacci, Università di GenovaAntonio Musolesi, Università di FerraraGuido Ortona, Università del Piemonte orientaleSergio Parrinello, Università di Roma La SapienzaGabriele Pastrello, Università di TriesteAnna Pettini, Università di FirenzePaolo Piacentini, Università di Roma La SapienzaAugusto Pianese, Università di CassinoPaolo Pini, Università di FerraraRiccardo Realfonzo, Università del SannioFiammetta Salmoni, Università Guglielmo MarconiEnrico Saltari, Università di Roma La SapienzaDaniele Scapigliati, imprenditoreRoberto Schiattarella, Università di CamerinoAlessandro Somma, Università di Roma La SapienzaAntonella Stirati, Università Roma TreGiuseppe Tattara, Università di VeneziaMario Tiberi, Università di Roma La SapienzaLeonello Tronti, Università Roma TreAndrea Ventura, Università di FirenzeMarco Veronese Passarella, Leeds University Business SchoolMaurizio Zenezini, Università di TriesteGennaro Zezza, Università di Cassino e del Lazio Meridionale
Fonte