E se pagassimo i medici per mantenere le persone sane?

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di Matthias Müllenbeck – Sono le 4 del mattino. Mi sveglio in una camera d’hotel a Boston e penso solo a una cosa: mal di denti. Uno degli intarsi di ceramica è caduto la sera prima. Cinque ore dopo, sono seduto su una poltrona odontoiatrica. Ma invece di riparare l’impianto dentale, il dentista mi propone i vantaggi di un’operazione per un impianto di titanio.

Mai sentito? Essenzialmente consiste nel sostituire un dente danneggiato con uno artificiale, che viene avvitato nella mascella. Il costo stimato per l’impianto ammonta a circa 10.000 dollari. Sostituire l’impianto in ceramica mi sarebbe costato 100 dollari. Cos’era a preoccupare di più il mio dentista? La mia salute o i soldi? E venne fuori che la mia esperienza non era un caso isolato. Uno studio di un giornale nazionale americano ha stimato che negli Stati Uniti fino al 30% di tutte le operazioni chirurgiche, inclusi lo stent e l’impianto di pacemaker, la protesi all’anca e la rimozione dell’utero, venivano effettuate anche se altre opzioni, non chirurgiche, non erano state valutate.

Non è un numero scioccante? Ma perché alcuni medici incentivano queste procedure non necessarie?

Beh, forse perché molti sistemi sanitari rimborsano i medici per il numero e tipo di trattamenti effettuati. Può essere questo incentivo economico a spingere alcuni medici ad effettuare trattamenti chirurgici invece di esplorare altre opzioni. Anche se certi paesi hanno iniziato ad applicare rimborsi basati sui risultati, ancorati ad una matrice di qualità ed efficienza, in genere c’è davvero poco nel sistema sanitario di oggi che possa ampiamente incentivare i medici a prevenire attivamente innanzitutto l’apparizione di una malattia e limitare le operazioni.

Quindi come risolviamo il problema?

Ciò che servirebbe è una fondamentale ridefinizione della struttura del sistema sanitario e una completa riorganizzazione degli incentivi. Ciò che ci serve è un sistema sanitario che rimborsa i medici per mantenere in salute i loro pazienti, invece di pagare quasi solo per servizi alle persone già malate. Ci serve una trasformazione da un sistema che si occupa largamente dei malati, a un sistema che si occupa delle persone in salute. È un bel cambiamento passare dal curare le persone una volta che si sono ammalate, al preservare la salute delle persone sane prima che si ammalino.

Immaginate questo: cambiare il nostro sistema sanitario in uno che non rimborsa i medici per le operazioni effettuate sui pazienti, in uno che rimborsa i medici, gli ospedali, le compagnie farmaceutiche e mediche per ogni singolo giorno in cui un individuo è sano e non è malato.

In termini pratici, potremmo, pagare le spese sanitarie a una compagnia assicurativa per ogni giorno in cui un individuo è mantenuto sano e non sviluppa una malattia o che non richiede nessuna altra forma di interventi medici importanti. Se un individuo si ammala, la compagnia assicurativa non riceverà nessun altro compenso monetario. I trattamenti medici richiesti saranno a carico della compagnia. Una volta che il cliente è di nuovo in salute, i contributi sanitari di quell’individuo saranno pagati di nuovo.

Questo cambiamento della struttura dell’incentivazione sposterebbe l’attenzione dell’intero sistema sanitario, dal provvedere a singole e isolate opzioni di trattamento, a una visione globale di ciò che è utile per un individuo per essere in salute e vivere a lungo.

Ma c’è però un dazio da pagare. Per preservare effettivamente la salute, la gente dovrà essere disposta a condividere i propri dati sanitari, cosicché il sistema sanitario comprenda se è necessaria l’assistenza o no.

Visite mediche, monitoraggio dei dati sanitari e anche sequenziamento genico, profilo cardiometabolico e tecnologie di diagnostica per immagini permetteranno alle persone di prendere, insieme ai medici di famiglia, decisioni sulla dieta, sui trattamenti e l’attività fisica. Tutto per diminuire la probabilità di ammalarsi di una patologia per la quale si è a rischio.

L’analisi di dati basata sull’intelligenza artificiale e la miniaturizzazione delle tecnologie iniziano a consentire il monitoraggio dello status sanitario dell’individuo.

Prendiamo il cancro. Uno dei problemi più gravi in certe malattie oncologiche è che a un largo numero di pazienti viene diagnosticato il cancro troppo tardi per permettere una cura, sebbene i farmaci e i trattamenti che li avrebbero potenzialmente curati esistono già oggi, se solo la malattia fosse stata individuata prima. Le nuove tecnologie permettono ora, basandosi su pochi millilitri di sangue, di individuare la presenza di DNA tumorale circolante nel sangue e così, la presenza di cancro. Individuare un cancro ai polmoni al primo stadio invece che ai primi dolori, sposta la possibilità di cura dall’1% al 50%.

Questa trasformazione richiede che ogni attore nel sistema sanitario sia disposto a cambiare. Richiede che la volontà politica sposti i budget verso la prevenzione e l’educazione della salute.

Poi c’è la giustizia. C’è bisogno della creazione di un quadro normativo adeguato e di una piattaforma che tuteli la raccolta, l’utilizzo e la condivisione dei dati sanitari personali. Solo se le persone saranno certe che i loro dati sono al sicuro, li condivideranno.

Questo cambiamento porterà a vite più lunghe e più sane per molte persone. La maggior parte delle tecnologie necessarie per iniziare il cambiamento esistono già oggi. Ma non è questione di tecnologia. È principalmente una questione di visione e volontà.

Tradotto da Angela Beraldo

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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