Equity Crowdfunding: la nuova economia è di gruppo

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di Fabrizio Spagiari – Che le nostre imprese siano in difficoltà non è un mistero, che fatichiamo a crearne di nuove nemmeno. Come sappiamo benissimo, le famiglie, gli imprenditori e tutta la macchina economica sono in costante affanno. Ma c’è una possibile soluzione: L’equity crowdfunding.

Non è uno strumento nuovo e già molte realtà sono nate con questo strumento, ma vorrei porre l’accento sulle dinamiche che può innescare.

Il crowdfunding (dall’inglese crowd, folla e funding, finanziamento) è una sorta di finanziamento collettivo, in pratica un gruppo di persone capisce che l’idea di una startup o di una PMI è degna di sviluppo e decidono di sostenerla.

Quindi danno il proprio denaro per finanziare le attività di una certa impresa. In cambio avranno delle quote della società.

L’innovazione vera e propria è rappresentata dalle modalità di utilizzo degli strumenti informatici, soprattutto delle piattaforme web che sono state capaci di coinvolgere ed emozionare un vasto numero di persone. Esistono diverse tipologie di Crowdfunding, le distinzioni riguardano la ricompensa che i finanziatori ottengono in cambio del denaro conferito. Infatti le quote della società sono un tipo di ritorno che si può avere, ma non l’unico.

Ma da dove deriva tutto questo successo?

Il suo sviluppo è stato favorito dopo la crisi finanziaria del 2008 e dalla conseguente difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese.

L’Italia ha il primato di essere stato il primo paese a normare questa tipologia di Crowdfunding. Nel giugno 2013 la Consob ha emanato un apposito regolamento che consente di gestire piattaforme di Equity Crowdfunding previa autorizzazione dello stesso organo di vigilanza.

Come avevo accennato prima, le quote societarie sono solo un tipo di ritorno che si può ottenere. Infatti questo l’evoluzione del crowdfunding ha fatto emergere 4 modelli principali:

DONATION: utilizzato da enti ed organizzazioni no-profit che, grazie all’aiuto delle persone, possono portare avanti iniziative sociali che nessun privato, o investitore, avrebbe interesse a sostenere. In questo caso non si ottiene nulla in cambio.

REWARD: è il modello più diffuso. In questo caso si ottengono ricompense materiali o emozionali di valore inferiore alla donazione. Spesso viene utilizzato come pre-selling, cioè l’azienda si rivolge alla folla per progetti sperimentali o creativi, oppure per ottenere la forza finanziaria che gli manca. DI solito viene dato in cambio il prodotto stesso ma ad un prezzo inferiore di quello di mercato.

LENDING: in questo caso dei privati possono offrire il loro aiuto monetario a prezzi agevolati o quasi nulli, senza passare per le banche. Kiva è un esempio.

EQUITY: è il modello di cui abbiamo parlato. In questo caso il finanziatore riceve quote della società, divenendone in qualche modo socio a tutti gli effetti.

Il successo di molte piattaforme è davvero incredibile, pensiamo a Kickstarter, Indiegogo o la StarsUp.

Quali sono i numeri? Secondo l’ultimo report Massolution (2015), solo nel 2014 sono stati raccolti 1,11 miliardi di dollari (dei 16,2 miliardi raccolti complessivamente in tutto il mondo) grazie a questa tipologia di crowdfunding.

Ovviamente gli Stati Uniti sono un passo avanti a tutti, avendo per primi abbracciato questi nuovi modelli di impresa. In fatti nel suolo americano risiedono le maggiori piattaforme come Kickstarter, Indiegogo e GoFundMe. In media il 21% dei progetti ha l’obiettivo di raccogliere più di 250.000 dollari con un valore medio di 190.000 dollari per progetto.

Per le imprese non sono numeri enormi, ma questo è dovuto alla novità del fenomeno, dalla diffidenza con cui la gente guarda a strumenti finanziari, nel rischio di perdere i propri soldi (nel caso il progetto finanziato poi non funzioni) e soprattutto dai vincoli giuridici e burocratici.

Infatti c’è urgente bisogno di una riforma legislativa e fiscale che possa finalmente e definitamente far conoscere questi nuovi strumenti, che possono veramente essere alla portata di tutti,

Leggi che eliminando gli svantaggi oggi esistenti potrebbe aprire al mondo esterno la realtà del crowdfunding.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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