Gianroberto Casaleggio: il web è morto, viva il web

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Internet è una rivoluzione. Non un semplice prodotto che può aiutarci a vivere meglio la vita di sempre o a lavorare meglio nello stile di sempre. No. Internet deve, necessariamente, portare ad una vera e propria trasformazione radicale delle aziende, dei prodotti, delle relazioni umane e aziendali… Altrimenti il suo senso ne risulterà travisato e inespresso.

È questa, come scrive Renato Mannheimer nella prefazione di “Il web è morto, viva il web” (Pro Sources, 2001), l’idea forte che ispirava Gianroberto Casaleggio, che nel libro propone spunti di riflessione, lancia provocazioni forti, a volte moniti. Come a dire: attenti! Perché nella rivoluzione bisogna inserirsi con anticipo e con una presa di coscienza forte. Il cambiamento deve essere affrontato per tempo e nella convinzione che a cambiare non sarà solo la superficie, ma la sostanza delle cose.

Proprio per questo vogliamo regalarvi alcuni stralci di “Il web è morto, viva il web”. E per ricordare parte di quel pensiero, di quelle idee che lo hanno portato a fondare il MoVimento 5 Stelle e il suo cuore pulsante: il Progetto Rousseau.


Chi non va in rete muore, ma a morire c’è sempre tempo e così si rimanda il problema a domani. Ma sino a quando ci sarà un domani per l’azienda?

Le aziende sono in bilico tra la consapevolezza del cambiamento, per chi ce l’ha, e il desiderio di perpetuare una organizzazione considerata stabile.

Un’esplosione di nuovi termini legati alla rete: CRM, knowledge management, web marketing, content management, ecc. genera confusione. Per non parlare della incapacità a distinguere tra i diversi livelli che la rete impone: intranet, extranet, internet.

Le reazioni più comuni alla complessità sono la banalizzazione o la tecnica dello struzzo.

L’azienda in rete? Un po’ di pagine HTML, descrizione dei prodotti online e tante(!?) transazioni di e-commerce a beneficio della mia azienda. Costo?

Qualche decina di milioni. Consulenti? Non ne ho bisogno. È banale! Nella mia azienda ci sono tutte le competenze necessarie. Sì, quelle di ieri, mainframe e client-sever per la parte tecnica. E per l’e-business, e per la riorganizzazione dei processi aziendali in rete, per il piano di comunicazione?

L’azienda cambia e il tempo del cambiamento non è dettato dal consiglio di amministrazione o dalla dirigenza, ma dal mercato e il mercato può farti chiudere l’azienda. In tempi brevi.

Sì, ma chi deve affrontare il problema? Che non è da nulla: il riposizionamento della società sulla rete. Chi? Di solito nessuno. O, se esiste, la responsabilità è opportunamente frazionata tra Marketing, Organizzazione, Servizi Informativi, Acquisti, Affari Legali, ecc.

Nessuno obietta che l’azienda debba riposizionarsi sulla rete, ma se chiedi chi è responsabile ad esempio di intranet, la risposta è: “Nessuno, ma ci stiamo pensando, e comunque siamo presenti sulla rete!’  Vado a vedere.
Siti work in progress, siti di solo testo, siti senza servizi, siti realizzati da improbabili srl, siti non usabili, non proattivi, si ti che mettono alla berlina l’azienda.

Ma alcuni fortunatamente non sono cosl!

Ne leggo l’informazione contenuta. Talvolta sono aiutato da una frase in prima pagina che spiega che l’ultimo aggiornamento è avvenuto qualche settimana prima?! E nel frattempo? L’azienda è andata in vacanza?

Molti siti muoiono per la mancanza di informazione. Chi ascolterebbe lo stesso telegiornale per due settimane di seguito?

L’informazione è fatta di processi, di responsabilità interne all’azienda per la creazione del contenuto, l’autorizzazione, la pubblicazione. È organizzazione. Si chiama Content Management. Va definita prima. È complessa. Chi la definisce?

La risposta tipica è: “Sì, d’accordo, ma da noi è difficile. E in ogni caso bisogna partire”. Costruireste una casa senza un architetto, senza una direzione lavori? La casa crolla. Prima o poi. E bisogna ripartire da capo.

Confusione e complessità insieme sono le barriere che impediscono il cambiamento.

Web non è solo grafica. È la nuova azienda.

Con processi ridefiniti, con nuove professionalità, nuovi mercati, nuovi clienti. Evitando di perdere nel frattempo quelli già acquisiti.

Una nuova organizzazione.

Se si pensa al web vanno considerati CRM, electronic commerce, web marketing, link ai sistemi legacy, content management, ecc. Tutti insieme, realizzati con gradualità, ma con una visione complessiva.

Indubbiamente è molto complesso, ma saperlo aiuta.

Banalizzare il problema no.

Si può sapere tutto del mercato. In ogni istante. Le informazioni sul traffico. Le pagine visitate, le transazioni effettuate, i percorsi seguiti, la provenienza dei visitatori e mille altri dati. Le iniziative di mercato possono essere misurate, riposizionate, potenziate in funzione del feed-back del mercato.

La gestione delle metriche legate al sito richiede un’attenzione aziendale al più alto livello, degli strumenti di informazione aggregata e la possibilità di intervenire sui processi di mercato legati al website tempestivamente.

Sul futuro si possono fare previsioni sbagliate, ma sul presente no.

Il mondo si sta riposizionando sulla rete, cancellando le frontiere degli stati, aggredendo i mercati ovunque.

È ovvio, ma non per tutti.

Non per coloro che pensano che sia il rapporto umano il fattore fondamentale per il loro business (come se la Rete lo eliminasse).

Non per chi crede di entrare in rete più tardi, lasciando ad altri la pericolosa veste dei pionieri (oltre che il mercato).

Non per chi, in Italia, crede che gli Italiani siano diversi e che la Rete, per loro, non sia altro che un nuovo media e non il principale e forse l’unico in un tempo breve.

Non per chi pensa che Internet è lenta (non lo è).

L’azienda in rete è in onda.

E chiunque può vederla.

 

L’articolo Gianroberto Casaleggio: il web è morto, viva il web proviene da Il Blog delle Stelle.

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