Giovedì 18 Aprile 2019 – 110ª Seduta pubblica : Comunicato di seduta

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Seduta
Ora inizio: 15:01

A conclusione dell’esame del Documento di economia e finanza 2019, l’Assemblea ha approvato la risoluzione n. 3, dei sen. Patuanelli (M5S) e Romeo (L-SP), che impegna il Governo a conseguire i saldi programmatici di finanza pubblica (indebitamento netto e rapporto debito Pil) nei termini indicati nel DEF; ad adottare misure per il disinnesco delle clausole di salvaguardia fiscali del 2020; a continuare la riforma delle imposte sui redditi (flat tax) alleviando l’imposizione per i ceti medi; ad adottare un piano di razionalizzazione e riqualificazione della spesa pubblica; a non prevedere misure di incremento della tassazione sui patrimoni; a prevedere l’individuazione delle risorse destinate al trasporto pubblico locale; a procedere a un piano di assunzioni in campo sanitario; a rafforzare il sostegno della non autosufficienza e dei nuclei familiari con disabili; a dare seguito all’attuazione del regionalismo differenziato; a definire livelli essenziali delle prestazioni sul territorio nazionale con riferimento al sistema scolastico; a prevedere un incremento salariale adeguato per i lavoratori del comparto istruzione e ricerca; a promuovere l’introduzione della golden rule (sottrazione degli investimenti pubblici produttivi agli stringenti vincoli europei).

I relatori, sen. Marco Pellegrini (M5S) e Erica Rivolta (L-SP), illustrando il DEF, hanno richiamato le direttrici della politica economica del Governo: rafforzamento dell’inclusione sociale, efficientamento fiscale, riduzione del differenziale di crescita e del rapporto debito/Pil. Il rallentamento dell’economia mondiale, riconducibile all’acuirsi delle tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina, le incertezze della Brexit, le tensioni geopolitiche e l’accresciuta instabilità di alcune aree emergenti hanno avuto effetti sulla domanda interna dei principali paesi. L’attività manifatturiera ha subito una battuta d’arresto, facendo risultare particolarmente esposte le economie altamente specializzate nel settore industriale e i paesi fornitori di semilavorati. In particolare, per quanto riguarda l’area dell’euro, i primi segnali di rallentamento del ciclo economico si sono registrati già nel 2018, essendo venuta meno la spinta propulsiva del commercio estero, e ne sono risultati maggiormente interessati la Germania (la cui previsione di crescita è scesa dall’1,9 allo 0,5 per cento) e l’Italia. Lo scenario a legislazione vigente esposto nel DEF 2019 riflette dunque gli effetti di questo rallentamento: la previsione di crescita del Pil in termini reali per il 2019 è rivista al ribasso, ossia allo 0,1 per cento rispetto all’1 per cento prospettato nel dicembre scorso. Per gli anni successivi, il DEF prevede prudenzialmente che il tasso di crescita reale si innalzi gradualmente allo 0,6 per cento nel 2020 e allo 0,7 per cento nel 2021, fino ad attestarsi allo 0,9 per cento nel 2022. Il reddito di cittadinanza a partire dal secondo trimestre di quest’anno dovrebbe fornire uno stimolo ai consumi delle famiglie meno abbienti, che hanno una propensione al consumo più elevata; la misura sarebbe in grado di determinare un effetto positivo sulla crescita del Pil reale di 0,2 punti percentuali nel 2019 e nel 2020. Si stima che le misure relative al sistema previdenziale (quota 100) dovrebbero avere un effetto neutrale quest’anno, mentre si attende un effetto positivo sulla crescita di 0,1 punti percentuali nel 2020. Anche le maggiori risorse per gli investimenti pubblici stanziate dalla legge di bilancio 2019 dovrebbero fornire un ulteriore stimolo alla domanda (nel nuovo quadro tendenziale dei conti della pubblica amministrazione, gli investimenti aumenterebbero del 5,2 per cento nel 2019) già a partire dal secondo trimestre dell’anno, con un contributo alla crescita del Pil reale superiore a 0,1 punti percentuali. Nel quadro programmatico dell’economia, che sconta gli interventi di prossima adozione (tra cui il decreto sblocca cantieri), viene prudenzialmente stimata una crescita aggiuntiva di 0,1 punti percentuali del Pil reale nel 2019, che porta la crescita del Pil nello scenario ipotizzato allo 0,2. Il nuovo quadro programmatico prevede un tasso di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni (in rapporto al Pil) pari al 2,4 per cento per il 2019, al 2,1 per il 2020, all’1,8 per il 2021 ed all’1,5 per cento per il 2022 (il precedente quadro programmatico prevedeva un valore pari al 2 per cento per il 2019, all’1,8 per il 2020 ed all’1,5 per cento per il 2021). Il conto economico tendenziale evidenzia per il 2019 un indebitamento netto pari al 2,4 per cento del Pil (42,1 miliardi). Per gli anni successivi, il Governo stima un decremento dell’indebitamento netto rispetto al 2019, sia in valore assoluto sia in rapporto al Pil: -2 per cento nel 2020; -1,8 nel 2021; -1,9 per cento nel 2022. Il Programma di Stabilità traccia quindi un sentiero di finanza pubblica che riduce gradualmente il deficit della pubblica amministrazione fino all’1,5 per cento nel 2022, con una diminuzione di 0,3 punti percentuali all’anno che determina un miglioramento quasi equivalente del saldo strutturale. Quest’ultimo scenderebbe dall’1,5 per cento del Pil di quest’anno allo 0,8 per cento nel 2022, in linea con una graduale convergenza verso il pareggio strutturale. L’evoluzione del saldo è determinata principalmente dalla crescita programmata del saldo primario, ovvero al netto degli interessi, che – positivo in tutti gli esercizi – aumenta la propria incidenza rispetto al Pil dall’1,6 per cento del 2020 all’1,9 nel 2021 fino a raggiungere il 2 per cento nel 2022. Il DEF stima anche una crescita contenuta della spesa per interessi che, sempre in rapporto al Pil, passa dal 3,6 per cento nel 2020 al 3,7 per cento nel 2021 e, infine, al 3,9 per cento nel 2022. La politica di bilancio, nello scenario programmatico, prevede un aumento degli investimenti pubblici nel prossimo triennio, che dal 2,1 per cento del Pil registrato nel 2018 aumenterebbero al 2,6 per cento del Pil nel 2022. Il Governo intende perseguire l’obiettivo della progressiva riduzione del rapporto debito/Pil, pur nel complicato scenario economico in atto. Per il 2019, si stima un rapporto debito/Pil pari al 132,6 per cento. Negli anni successivi, il rapporto debito/PIL è previsto dal Governo in continua riduzione (131,3 per cento nel 2020, 130,2 per cento nel 2021 e 128,9 per cento nel 2022), quale risultato delle azioni volte al contenimento del fabbisogno pubblico, al contenimento delle disponibilità liquide del Tesoro, ma soprattutto all’aumento della crescita nominale del PIL e dell’aumento degli introiti da privatizzazioni.

Il relatore di minoranza, sen. Misiani (PD), ha sottolineato che lo spread, superiore a 250 punti base, è il termometro della sfiducia dei mercati ed equivale a una stretta monetaria. A fronte del peggioramento della congiuntura, il Governo assume un atteggiamento attendista, non prevede misure per lo sviluppo sostenibile e le rinnovabili, non prevede la disattivazione delle clausole di salvaguardia (aumento dell’Iva), taglia due miliardi al fondo accantonato in bilancio per finanziare il trasporto pubblico. Il relatore di minoranza, sen. Ferro (FI), ha affermato che l’economia nazionale non cresce per mancanza di fiducia. Il DEF evidenzia un’incoerenza tra quadro macroeconomico e quadro di finanza pubblica e rivela la mancanza di effetti delle misure di un Governo che resta privo di una politica per lo sviluppo.

Alla discussione hanno partecipato i sen. Perosino, Siclari, Carbone, Damiani, Donatella Conzatti, Saccone (FI); Nencini (Misto); Agnese Gallicchio, Tiziana Drago, Felicia Gaudiano, Elisa Pirro (M5S); Calandrini, Isabella Rauti (FdI); Manca, Teresa Bellanova, Margiotta, Parrini, Stefano (PD); Roberta Ferrero, Zuliani, Tosato, Romeo (L-SP); Loredana De Petris (Misto-LeU).

In replica il Ministro dell’economia e delle finanze Tria ha evidenziato la previsione del FMI secondo cui il gap di crescita dell’Italia rispetto ai Paesi europei si ridurrà sensibilmente nel 2020. Il rallentamento dell’economia globale non è responsabilità del Governo, ma è responsabilità del Governo rispondere con una strategia adeguata. L’Esecutivo si sta adoperando per rimuovere gli ostacoli agli investimenti, per riformare le imposte, per potenziare la rete di protezione sociale. Sono temi divenuti centrali nel dibattito internazionale e il modello di crescita europeo dovrà cambiare, orientandosi verso la domanda interna. Il Ministro ha negato la necessità di una manovra correttiva, ha ribadito che il debito pubblico è perfettamente sostenibile, ha evidenziato la riduzione della spesa per interessi e assicurato che saranno raggiunti gli obiettivi di finanza pubblica.

Nelle dichiarazioni di voto hanno annunciato voto favorevole alla risoluzione di maggioranza i sen. Monti (Misto), Bagnai (L-SP) e Pesco (M5S). Hanno annunciato voto contrario i sen. Julia Unterberger (Aut), Errani (Misto-LeU), Urso (FdI), Marcucci (PD), Pichetto Fratin (FI).

Il Presidente del Consiglio Conte, nel rendere un’informativa sull’evoluzione della situazione in Libia, ha dato conto dell’intensa attività politica e diplomatica svolta per recuperare una maggiore coesione internazionale sulla Libia, per scongiurare il rischio di una guerra civile, per favorire il cessate il fuoco e riprendere il negoziato tra le parti. Ha riferito quindi dell’interlocuzione avuta con il presidente degli USA, ha ricordato che l’ambasciata italiana a Tripoli è pienamente operativa e che l’Italia sta fornendo assistenza sanitaria sul territorio, ha escluso al momento un pericolo imminente sui flussi migratori. La tempistica degli scontri fa pensare alla volontà di far deragliare un percorso di riconciliazione che era stato ben avviato. Inclusività non significa ambiguità – ha concluso il Presidente Conte – e gli interessi economici o geopolitici in Libia non possono giustificare scorciatoie militari.

Hanno poi preso la parola i sen. Emma Bonino (Misto), Urso (FdI), Roberta Pinotti (PD), Candura (L-SP), Stefania Craxi (FI) e Paola Taverna (M5S).

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Fonte senato.it – Comunicati di seduta

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