I diritti nel nuovo mondo digitale

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I DIRITTI NEL NUOVO MONDO DIGITALE

“Penso che quello che la maggior parte della gente non capisce è che il futuro dei dati personali è davvero il futuro dell’economia, il futuro del nostro lavoro, il futuro della nostra identità politica. Perché, sempre più spesso, l’intelligenza artificiale e i sistemi di apprendimento automatico utilizzano i dati che produciamo ogni giorno per addestrare algoritmi che stanno sostituendo il lavoro delle persone. Quando, per esempio, noi chattiamo su Facebook, tu in italiano e io in inglese, le nostre conversazioni diventano informazioni che “allenano” la piattaforma che apprende a tradurre, questa abilità potrà sostituire il lavoro dei traduttori. Se avremo l’opportunità di lavorare e avere una vita dignitosa in futuro, dipenderà dalla nostra capacità si mettere i dati al nostro servizio, di intenderli come rappresentazioni di chi siamo piuttosto che (come accade attualmente) petrolio che aspetta di essere estratto da qualche compagnia”.Ecco quello che ha detto alla Rousseau Open Academy Glen Weyl, economista e principal researcher al Microsoft Research ⤵

Pubblicato da Associazione Rousseau su Mercoledì 11 dicembre 2019

Penso che quello che la maggior parte della gente non capisce è che il futuro dei dati personali è davvero il futuro dell’economia, il futuro del nostro lavoro, il futuro della nostra identità politica.

Perché, sempre più spesso, l’intelligenza artificiale e i sistemi di apprendimento automatico utilizzano i dati che produciamo ogni giorno per addestrare algoritmi che stanno sostituendo il lavoro delle persone. Quando, per esempio, noi chattiamo su Facebook, tu in italiano e io in inglese, le nostre conversazioni diventano informazioni che “allenano” la piattaforma che apprende a tradurre, questa abilità potrà sostituire il lavoro dei traduttori.

Se avremo l’opportunità di lavorare e avere una vita dignitosa in futuro, dipenderà dalla nostra capacità di mettere i dati al nostro servizio, di intenderli come rappresentazioni di chi siamo piuttosto che (come accade attualmente) petrolio che aspetta di essere estratto da qualche compagnia.  Quello che stiamo cercando di fare è incoraggiare le persone a lavorare insieme per assicurarsi che il valore creato dai dati sia controllato dalle persone e dai gruppi sociali che lo stanno effettivamente creando, piuttosto che da pochi esperti in t-shirt della Silicon Valley.

Per come la vediamo noi, facendo un’analogia con il passato, nel XX secolo, le persone sono riuscite a ottenere un compenso ragionevole per il loro lavoro perché nessuno era solo, le persone non hanno dovuto affrontare l’enorme potere dei capitalisti e delle aziende da soli. Noi crediamo che oggi abbiamo bisogno della stessa cosa per i dati. Abbiamo bisogno di organizzazioni che siano governate democraticamente e che siano responsabili nei confronti dei loro membri, come delle cooperative che possano esercitare un potere di contrattazione collettiva contro le grandi piattaforme, al fine di comprendere i modi in cui i dati vengono utilizzati, ottenere un giusto compenso economico, proteggere la privacy e fermare le raccolte inique; in modo che i dati siano effettivamente trattenuti da gruppi responsabili nei confronti degli intestatari.

In questo momento se pensi di condividere i tuoi dati solo con gli amici, ti sbagli, in realtà stai condividendo con Google, con Facebook, a volte anche con Microsoft, per cui io lavoro.  

Quindi stai condividendo con gli inserzionisti, con molte persone diverse, che stanno usando queste informazioni per fare pubblicità mirata su di te e per costruire sistemi economicamente validi.
Voglio fare un esempio: Open AI. Open Ai è il progetto di intelligenza artificiale finanziato da Microsoft per affinare un algoritmo per la creazione di testi, che può parlare con te e creare storie “attingendo” dati da 8 milioni di siti. Se hai un blog dove condividi i tuoi pensieri e ti relazioni con gli altri, in realtà stai condividendo queste informazioni con una macchina che poi arriverà a sostituire la tua capacità di scrivere. Questo è ciò che non capiamo, il valore dei nostri dati che pensavamo di condividere con gli amici, è diventata la base per i governi e le grandi aziende per manipolare il nostro comportamento e per trasformarlo a loro vantaggio economico. Sapete, queste cose stanno appena cominciando ad evolvere, stiamo cominciando a vedere l’emergere di alternative tecniche ai sistemi attuali; in questo momento penso che probabilmente la migliore speranza che abbiamo a breve termine per limitare il potere di queste imprese sia un’alternativa legale piuttosto che tecnica, perché lo sviluppo dei sistemi tecnici richiede un certo tempo, ma tra 5-10 anni, penso che questi sistemi tecnici saranno il modo migliore per farlo.
Questi sistemi sono simili alle blockchain, ma sono più complessi, integrano la natura sociale dei nostri rapporti laddove le blockchain, nella maggior parte dei casi, riguardano il denaro. Quindi abbiamo effettivamente bisogno di sistemi che possono rappresentare la natura sociale delle nostre relazioni, piuttosto che solo la natura monetaria dei rapporti. Se vogliamo avere una società dei dati umana, e finché non avremo sistemi come quello su cui sto lavorando, avremo bisogno di strutture legali che possano imitarle, che possono proteggere i nostri diritti.

Penso che con il GDPR, l’Unione Europea abbia fatto il miglior lavoro finora in termini di regolamentazione ed è andata molto più in là di quanto non si è fatto nella negli Stati Uniti, ma non è abbastanza. Non si pensa abbastanza ai diritti e ai dati collettivi. Quello che pensiamo è che bisogna fare di più, provando a lavorare con molte diverse giurisdizioni. Il GDPR ha lati positivi, ma è anche molto individualistico. È focalizzato solo su diritti individuali. Invece dobbiamo dare spazio a un modello di organizzazione collettiva.

Anche alcune leggi proposte negli Stati Uniti seguono lo schema dei diritti di proprietà sui dati, ma non sono esattamente i diritti di proprietà quello di cui abbiamo bisogno; abbiamo bisogno della capacità di consentire alle persone di contrattare collettivamente. Nessuno vorrebbe avere diritti di proprietà sul lavoro perché diventerebbe schiavo. Per me ancora non si è compreso fino in fondo la natura dello spazio digitale. Speriamo di poter passare a una legislazione più produttiva attraverso la cooperazione e un’attenta progettazione.
Abbiamo bisogno che molte cose si incontrino, abbiamo bisogno di una legislazione.
Abbiamo bisogno di movimenti sociali che si organizzino per portare la gente a capire e spingerla a formare dei sindacati, in modo che possano effettivamente essere amministrati democraticamente. Abbiamo bisogno di nuove tecnologie, come quelle che stavamo descrivendo, che permettono la rappresentazione della natura di questi dati. Abbiamo bisogno di ricerche sulla natura dei dati e sulla loro costituzione. Solo facendo collaborare tra di loro tutti questi diversi aspetti della società raggiungeremo un futuro migliore.

Per questo che il RadicalxChange, un gruppo che dirigo, cerca di riunire tutti questi elementi: ricercatori, attivisti, social, leader di governo, imprenditori, e artisti; con lo scopo di aiutare le persone a immaginare come potrebbe essere un mondo diverso.  Dunque, penso che tutte queste cose debbano collaborare e spero che alcune persone qui in Italia siano interessate e coinvolte in questo progetto.

L’articolo I diritti nel nuovo mondo digitale proviene da Il Blog delle Stelle.

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