Il decadimento universale della memoria collettiva

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Sappiamo che le società dimenticano, e lo fanno spesso troppo presto. Ma perché succede?

Un nuovo studio sulla rivista Nature Human Behavior cerca di svelare questo mistero. Il documento, intitolato “Il decadimento universale della memoria collettiva e dell’attenzione”, è un tentativo ambizioso di capire il modo in cui una canzone di successo diventa obsoleta.

Cerca insomma di misurare e tradurre, in un metodo quantitativo, la nostra attenzione a vari prodotti culturali.

L’autore dello studio principale, Cristian Candia, è un fisico sperimentale che è diventato ricercatore sociale proprio per studiare il tema.

Per farlo ha iniziato dai nostri comportamenti online e ciò che ha dovuto fare è stato trasformare le ricerche di Wikipedia o le visualizzazioni di YouTube in dati utilizzabili.

Da lì, il suo team ha analizzato l’attenzione collettiva prestata a cinque diversi tipi di oggetti culturali: musica, film, biografie di atleti, brevetti e articoli scientifici. In tutti i tipi di oggetti, sostengono gli autori, c’è una verità universale: due tipi di memoria sono in gioco, e uno si dissolve molto più rapidamente dell’altro.

Vediamo quali.

Il primo tipo di memoria è chiamata memoria comunicativa. Si tratta della conversazione e dell’interazione sociale, e declina in modo abbastanza rapido. I trend su Twitter o su Google ne sono l’esempio: ogni giorno ci sono così tanti avvenimenti che probabilmente dimentichiamo le notizie che sono accadute poche ore prima. Ci vuole qualcuno che lo riprenda in un retweet per riportare viva l’attenzione.

La memoria culturale, il secondo tipo di richiamo in analisi, è il tipo che si trova negli archivi e su Wikipedia. Il record risultante trascende l’interazione da persona a persona, ed è molto più duraturo. Quando eventi importanti o catastrofici interrompono la nostra vita, creano quello che Damasio chiamava Marcatore Somatico, cioè un profondo solco che si dissipa raramente.

Quindi cosa abbiamo? Ci sono due classi di memorie che si degradano su due orizzonti temporali diversi ma simultanei. E lo studio, fatto appunto su vari settori, ha portato a capire che il processo di declino era simile tra tutti i settori studiati, ma la quantità di tempo impiegata per ciascuno a svanire variava a seconda del tipo.

Le biografie sono durate più a lungo, circolano nella memoria collettiva per 20-30 anni. La musica scompare più velocemente, con una durata media di soli 5,6 anni.

Ovviamente, gli autori dello studio quando descrivono il metodo con cui le società dimenticano, capiscono anche il modo con cui ricordano.

Candia ha creato un modello universale, un algoritmo per ogni tipo di decadenza. Le società dei media potrebbero usarlo per capire la viralità delle storie e le case discografiche potrebbero pianificare le loro uscite con questo algoritmo.

Ma ci sono forse anche altri usi più utili.

Candia, da parte sua, vuole capire come la morte influenzi i nostri ricordi collettivi della vita. Nel 2019, progetta di pubblicare un altro studio su come la morte di un personaggio pubblico, e i necrologi, gli elogi e i funerali televisivi che seguono, possa spingerli di nuovo nella coscienza pubblica.

Il lavoro potrebbe alimentare la ricerca sulla tendenza della nostra specie a dimenticare grandi periodi di storia. Forse capire quanto velocemente questi momenti storici si siano sbiaditi potrebbe impedirci di ripetere costantemente gli stessi errori e a porci le stesse domande.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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