Il prezzo ingiusto dell’olio italiano, l’arrivo di quello tunisino e la necessità di un valore giusto garantito

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Anche quest’anno, come ogni anno, quando arriva il periodo di raccolta delle olive, i nostri produttori tremano: dall’andamento del mercato, dal prezzo del nostro olio d’oliva dipende spesso la sopravvivenza di molte aziende.  

Le notizie che ci giungono dalla campagna di raccolta appena iniziata raccontano un dato chiaro: si è ridotta in modo massiccio la produzione di olio d’oliva extra vergine italiano. Secondo quanto emerge dall’indagine di Cia, Italia Olivicola e Aifo (Associazione italiana frantoiani oleari), è crollata la produzione di olio extravergine d’oliva italiano, soprattutto in Puglia (-51% rispetto allo scorso anno) e in Sicilia (-17% rispetto allo scorso anno). Il mercato dell’olio d’oliva extra vergine, dunque, se la teoria del mercato vale ancora qualcosa, dovrebbe tendere ad una crescita del prezzo e quindi ad una maggiore remunerazione per i produttori.

Dall’altra parte, però, si prospetta un’importazione record di olio d’oliva tunisino nell’Unione europea, soprattutto in Italia. Le importazioni di olio d’oliva, secondo le stime della Commissione UE[1], potrebbero raggiungere un picco storico nell’Unione europea con 240.000 tonnellate nella campagna 2019/20, contro l’ultimo record dell’annata 2003/2004 (231.800 tonnellate). La stragrande maggioranza (quasi il 90%) proverrà dalla Tunisia, che farà il record di esportazioni nel 2019/20.

Chi beneficia però della crescita di esportazioni dalla Tunisia? Di certo non i braccianti tunisini, schiacciati dalla schiavitù e della violazione dei diritti, ma le multinazionali e i grandi investitori dell’olio stanziati in Tunisia, i quali sfruttano la manodopera a basso costo, le agevolazioni fiscali e le scarse regole in tema di salubrità dei prodotti. Ormai sappiamo che l’invasione di olio tunisino produce una pressione al ribasso dei prezzi nei confronti dei nostri produttori.

E allora cosa succederà al prezzo dell’olio extra vergine italiano? Finalmente i nostri produttori vedranno garantito il prezzo giusto e una remunerazione dignitosa del loro lavoro? Oppure continueremo a vedere bottiglie di olio a 4 euro sugli scaffali della Grande distribuzione?

Insomma, siamo ancora nell’incertezza, e già alcuni produttori di olive hanno iniziato a denunciare difficolta: “Per le olive da mensa siamo passati da un prezzo medio di 1,5 euro dell’anno scorso, a 1,3 euro all’inizio di quest’anno e ora che siamo in piena campagna il prezzo si è ulteriormente abbassato e addirittura non si riesce più a piazzare il prodotto”- mi diceva pochi giorni fa un produttore di olive nocellara del Belice membro del “Movimento Terra è vita”, che ogni giorno combatte per non fallire. In alcune zone l’olio registra un aumento leggero del prezzo di vendita, ma problemi di rese bassissime.

In questa condizione delicatissima, quale può essere la soluzione per sostenere i nostri produttori olivicoli?

 La prima risposta è un Piano Olivicolo Nazionale che sostenga il settore con fondi ad hoc e consenta di impiantare nuovi uliveti e recuperare quelli abbandonati. Non è più rinviabile. Occorre una mappatura degli oliveti, delle produzioni attive, tutelate e non, e solo dopo valutato il fabbisogno interno capire come migliorare, anche convertendo terreni con oliveti intensivi con extravergine italiano alla portata di tutti. Il Piano deve comprendere anche un sostegno della liquidità per le imprese del settore olivicolo-oleario e ulteriori misure per far fronte alle emergenze, come il differimento o la copertura dei costi relativi alle scadenze fiscali e previdenziali più immediate nonché ai pagamenti relativi all’indebitamento delle imprese olivicole;

– C’è chi in questi giorni sta ragionando sull’ipotesi di istituire una CUN (Commissione Unica Nazionale) per tutti i prodotti agricoli, compreso l’olio. Si tratta di uno strumento fondamentale che potrebbe contribuire a garantire un prezzo dignitoso al lavoro delle nostre aziende. La CUN si occupa di formulare, in modo regolamentato e trasparente, i prezzi indicativi di alcuni prodotti. Da molti è considerato come uno strumento che assicurerebbe la trasparenza del processo di formazione del prezzo, rispondendo in modo tempestivo alle esigenze degli operatori di mercato di avere punti di riferimento sui quali basare per le proprie contrattazioni. Per questo alcuni produttori hanno avanzato la proposta di istituire una specifica CUN per l’olio, magari su base regionale per aderire alle caratteristiche territoriali, con lo scopo di fissare un prezzo soglia.

Abbiamo poi bisogno di ridurre il costo di produzione in Italia, il più alto fra i principali paesi produttori europei, superiore a quello spagnolo del 43% e ancora superiore rispetto ai principali fornitori come la Grecia e la Tunisia. Bisogna eliminare gli effetti distorsivi di questo divario all’interno dei Paesi dell’UE per armonizzare gli oneri sociali e il costo del lavoro.

Infine l’Europa: occorre che la Commissione Europea attivi misure eccezionali, come l’uso dell’articolo 219 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 (c. detta “OCM unica”) – che prevede la possibilità per la Commissione di intervenire per evitare turbativa del mercato causata da aumenti o cali significativi dei prezzi – o il limite alla possibilità di ricorrere al “Traffico di Perfezionamento Attivo”, in particolare dalla Tunisia, ovvero l’importazione in esenzione da dazio per la trasformazione degli oli di oliva e la loro riesportazione.

Per questi motivi, ho sottoposto alla Commissione Europea la necessità di intervenire tempestivamente sul comparto olivicolo, alla luce del record di importazioni dalla Tunisia.

[1] https://www.oliveoiltimes.com/wp-content/uploads/2020/10/short-term-outlook-autumn-2020_en.pdf

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Fonte Ignazio Corrao

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