La strada verso la sicurezza nei Paesi più pericolosi al mondo

Tempo di lettura: 5 minuti

di Rachel Kleinfeld – Immaginate la vacanza dei vostri sogni. Mare, spiagge infinite, una natura incontrastata, magari anche buon cibo, tanta musica e una cultura affascinante. Ora, se vi dicessi che un posto così è anche uno dei luoghi più violenti al mondo, che Paese vi viene in mente?

Il Brasile?

Oggi, di fatto è la nazione più violenta al mondo. Negli ultimi tre anni vi sono morte più persone che in Siria. E in Messico, negli ultimi 15 anni, sono morte più persone che in Iraq o Afghanistan. A New Orleans, muoiono in media più persone che nelle zone di guerra somale.

Potrà suonarvi strano, ma la guerra causa solo il 18% delle morti violente a livello globale.

Oggi, ci sono più possibilità di morire in modo violento se si vive in una democrazia a medio reddito, con elevati livelli di ineguaglianza economica e una forte polarizzazione politica. Gli Stati Uniti, per esempio, contano 4 delle 50 città più violente al mondo.

Si tratta, dal punto di vista storico, di un’alterazione fondamentale della violenza. Ma rappresenta anche un’opportunità. Perché, mentre in pochi possono intervenire per porre fine alla guerra, la violenza nelle nostre democrazie è un nostro problema.

Sono in un gruppo di esperti, il Carnegie Endownment for International Peace, nel quale faccio consulenza sulla violenza nei governi, ma lo sporco segreto è che molti dei politici non hanno capito i cambiamenti avvenuti nella violenza. Credono ancora che le peggiori violenze avvengano nei Paesi in guerra o in quei posti troppo poveri e deboli per poter combattere la violenza e il crimine. E anch’io credevo fosse così.

Ho viaggiato in tutti i continenti, confrontando i posti afflitti da una violenza massiccia e che ne sono usciti, con quelli che non l’hanno fatto, e ho visto sempre lo stesso schema. Ho deciso di chiamarlo “violenza del privilegio”, perché si verifica in democrazie altamente ineguali, in cui poche persone vogliono mantenere un potere e dei privilegi smisurati. E quando non riescono a far passare al voto queste politiche, a volte chiedono aiuto a gruppi violenti. I cartelli della droga finanziano le loro campagne. La criminalità organizzata li aiuta a ottenere i voti.

Prendete il Venezuela. Attualmente è la nazione più violenta al mondo, considerando la media di morti.

Vent’anni fa, il regime attuale è salito al potere con elezioni regolari, ma per non rischiare di perderlo, ha chiesto aiuto alle bande, i “colectivos”. Alle bande è stato detto di ottenere voti per il governo, di costringere le persone a votare il regime in alcuni quartieri e tenere lontani gli elettori dell’opposizione in altri, e in cambio, avrebbero avuto il controllo. Ma se i criminali detengono il controllo, la giustizia non può fare il proprio dovere. Quindi, il secondo stadio della violenza del privilegio è l’indebolimento di tribunali e polizia, così i politici politicizzano i fondi, assumono, licenziano, garantendo ai gruppi violenti con cui sono in collusione la libertà.

In questo modo, i poliziotti onesti lasciano il lavoro, e quelli che restano o sono corrotti o lo diventano. Di solito iniziano applicando una giustizia sommaria. Uccidono uno spacciatore per evitare che finisca in una corte corrotta. Ma nel tempo, i peggiori realizzano che non ci saranno ripercussioni da parte dei politici per i quali lavorano, e iniziano a vedersela da soli. In Venezuela, quasi un omicidio su tre è imputabile ai servizi di sicurezza.

I poveri sono quelli colpiti più duramente dalla violenza in tutto il mondo, ma difficilmente potrebbero chiedere aiuto a questi poliziotti. Quindi, cercano di formare delle ronde private. Ma se si arma un gruppetto di diciottenni, prima o poi finiranno nelle bande. Arrivano altre bande, la mafia, e offrono alle persone protezione da altri criminali e dalla polizia. A differenza dello Stato, i criminali spesso fanno carità, risolvono le dispute. A volte si occupano di edilizia sovvenzionata.

L’ultimo stadio della violenza del privilegio avviene quando cittadini comuni compiono gran parte degli omicidi. Le risse nei bar e le dispute di quartiere diventano fatali quando la violenza diventa la norma e le ripercussioni svaniscono. Dall’esterno la cultura appare corrotta, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nelle persone. Ma ogni nazione può arrivare a questa violenza quando anche il governo è assente.

Ma c’è bisogno di un altro passo affinché regni il massimo grado di violenza. C’è bisogno che la maggioranza della società ignori il problema. Penserete che ciò sia impossibile, che questo livello di violenza sia inammissibile ma in realtà è abbastanza sopportabile per persone come voi, o come me. E lo è perché, in tutte le società al mondo, anche quelle più violente, la violenza resta altamente concentrata. Avviene a chi vive nella parte sbagliata della città, a chi è povero, a chi ha la pelle scura e appartiene a gruppi emarginati, gruppi dai quali la maggioranza della società può dissociarsi.

La violenza è concentrata al punto che ci sconvolge quando lo schema cambia. A Washington, DC, nel 2001, una giovane stagista laureata bianca, è scomparsa dopo un’escursione nel Northwest, e sui giornali si parlava del suo caso quasi quotidianamente. Dall’altra parte della città, in quell’anno, era stato ucciso un uomo di colore al giorno. La maggioranza di questi casi non era mai arrivata sui giornali.

Insomma, la violenza, oggi, non è tanto il risultato della guerra, quanto quello delle politiche corrotte nelle nostre democrazie, e gli elettori abituali costituiscono la più grande forza di cambiamento.

Prendete per esempio la trasformazione di Bogotá. Nel 1994, il nuovo presidente della Colombia era stato sorpreso a prendere milioni di dollari di contributi elettorali dal cartello di Cali, mentre la capitale era invasa da bande e gruppi paramilitari. Gli elettori, ormai stanchi, superarono la faziosità violenta, portando quasi due terzi dei voti a un candidato indipendente, un numero sufficiente a superare il solito sistema.

Nel primo giorno di lavoro del sindaco Mockus, la polizia si preoccupò appena di aggiornarlo sugli omicidi, e quando ne chiese il motivo si limitarono ad alzare le spalle e dire “Sono solo criminali che si ammazzano”. La giunta comunale corrotta voleva dare alla polizia ancora più libertà per compiere violenze. Si tratta di una tattica molto comune impiegata a livello mondiale quando i politici vogliono apparire duri con il crimine ma senza cambiare lo stato delle cose. E la ricerca mostra come in tutto il mondo fallisca sempre.

Inoltre se molti piccoli criminali finiscono in carcere, di solito in carceri sovraffollate, imparano gli uni dagli altri, e si temprano. Iniziano a controllare le prigioni, e da lì, le strade.

Mockus, invece insistette con la polizia affinché investigasse ogni morte. Si scontrò con la giunta di destra e abbandonò le tattiche della polizia in stile SWAT. Si scontrò con i sindacati di sinistra licenziando molti poliziotti aggressivi. Finalmente, i poliziotti onesti potevano svolgere il loro lavoro.

Mockus sfidò poi i cittadini. Chiese alla borghesia di non allontanarsi dalla propria città, di rispettare il codice stradale e di comportarsi in generale come se condividessero lo stesso destino. Chiese ai poveri di fronteggiare la violenza con le norme sociali, spesso correndo un grande rischio personale. E chiese ai più benestanti di versare volontariamente il 10% in più di tasse. 63.000 persone lo ascoltarono. Alla fine del decennio che coprì i due mandati da sindaco, gli omicidi a Bogotá scesero del 70%.

Chi vive nei luoghi con più violenza, che siano la Colombia, o gli Stati Uniti, può fare la differenza. La cosa più importante che possiamo fare è abbandonare l’idea che alcune vite valgano meno di altre, che qualcuno si meriti di essere stuprato o ucciso, perché, dopotutto, ha fatto qualcosa che non andava.

Sminuire la vita umana, una cosa che ammettiamo con fatica anche a noi stessi, è quel che consente alla spirale negativa di avviarsi. È quel che permette a un proiettile, esploso in una guerra tra bande a Rio, di colpire alla testa una bambina di due anni nel parco giochi nelle vicinanze.

La riduzione della violenza inizia dando valore a tutte le vite umane, sia perché è giusto, sia perché considerando ogni vita degna di un regolare processo, possiamo creare una società in cui le vite degli innocenti sono al sicuro.

Tedx Tradotto da Nina Verrillo

Leggi Tutto

Fonte Il Blog di Beppe Grillo

Commenti da Facebook
(Visited 9 times, 1 visits today)
Vai alla barra degli strumenti