L’Europa “della pace” nella morsa delle lobby delle armi

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Vi siete mai chiesti quanto l’Europa “della pace” spende per le armi, la tecnologia e i prodotti militari?

Negli ultimi 3 anni la Commissione Europea ha messo in piedi un programma di ricerca e sviluppo di progetti militari da 590 milioni di euro. Che fine hanno fatto questi soldi? Chi ne ha beneficiato? E che fine faranno gli 8 miliardi di euro che l’Europa spenderà per il comparto militare a partire dall’anno prossimo?

E’ quello che si chiede uno studio della Rete Europea per il disarmo (ENAAT), in vista del voto del Parlamento Europeo sul regolamento che istituisce un Fondo Europeo per la Difesa (EDF), che nei prossimi sette anni destinerà circa 8 miliardi di euro per la ricerca e lo sviluppo nel comparto militare.

Ad oggi, l’UE ha già lanciato nel 2017 e nel 2019 due programmi pilota, l’Azione preparatoria sulla ricerca nel settore della difesa (PADR) e il Programma europeo di sviluppo industriale della difesa (EDIDP), che hanno già selezionato 36 progetti. Tuttavia poco si sa del dettaglio dei progetti, come denuncia la Rete Internazionali per il Disarmi ENAAT: “Finora non è stato reso pubblico alcun rapporto di valutazione formale dell’UE su questi programmi pilota, ma sono stati forniti da diverse fonti, tutte favorevoli a questo finanziamento, solo dati aggregati sul numero di progetti o beneficiari”.

L’analisi approfondita portata avanti da ENAAT ha fatto emergere alcuni inquietanti aspetti che caratterizzano i due programmi europei.

– Il finanziamento è concentrato perlopiù su 4 Paesi membri, che ricevono la metà delle sovvenzioni e dei beneficiari: Francia, Italia, Germania e Spagna. Questi Paesi sono anche i maggiori produttori ed esportatori di armi dell’UE. Un caso?

– L’Italia gioca un ruolo di primordine, avendo il maggior numero di beneficiari finanziati. Ben 21. Tra questi per esempio figura “Leonardo”: la società mista pubblico-privata che si occupa di aerospazio, sicurezza e difesa.

– Le otto società che hanno fatto parte del “Gruppo di Personalità 2016” – che hanno “consigliato” alla Commissione Europea di creare un programma di ricerca militare – oggi beneficiano ampiamente di questi programmi. Un esempio? Ce lo fornisce ENAAT: L’ex direttore del “Frauenhofer Institute” è coautore come “esperto indipendente” dello studio che suggerisce al Parlamento Europeo un programma di cui oggi il “Frauenhofer Institute” è un importante beneficiario. Questo dimostra in modo inequivocabile come l’industria militare sia riuscita a penetrare il Parlamento UE costruendo con esso un rapporto privilegiato, quasi “simbiotico”, così come le lobby nazionali lo hanno fatto con i Governi nazionali, ai quali poi spetta la decisione in Europa.

– I progetti finanziati si concentrano su intelligence-sorveglianza, sistemi senza pilota o controllo umano, maggiore automazione attraverso l’Intelligenza Artificiale e altre tecnologie che cambieranno radicalmente il modo di condurre la guerra. Tuttavia, c’è un freno etico a tutto ciò? L’ENAAT denuncia che i limiti etici “quando esistono, non sono credibili e violano il diritto e gli obblighi internazionali” e inoltre, tutto ciò “avviene in un clima di mancanza di trasparenza e di controllo parlamentare”.

– Gli Stati membri non cofinanziano i progetti. Anzi, “considerano l’UE come un semplice salvadanaio con denaro fresco per la loro industria nazionale degli armamenti”.

– Lo scorso Parlamento Europeo, nell’ambito dell’approvazione dell’EDIDP, ha di fatto rinunciato al suo ruolo di controllore sull’attuazione dei programmi dell’UE.

Siamo dunque di fronte ad un paradosso strisciante, infido, silenzioso. La stessa Europa che si professa un’Europa di pace, un’Europa trasparente, un’Europa sicura e garante degli equilibri del mondo, di fatto favorirà la militarizzazione e gli interessi dell’industria militare, minacciando la pace ed alimentando la corsa agli armamenti.

Per questi motivi, mi schiero al fianco della battaglia della Rete internazionale per il Disarmo e garantisco il massimo sforzo per un ruolo di controllo del Parlamento di cui faccio parte nei confronti di un’Europa sempre più stretta nella morsa delle lobby delle armi.

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Fonte Ignazio Corrao

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