Meglio un contributo dei ricchi oggi o un debito per tutti domani?

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Appartengo ad una generazione che ha iniziato ad interessarsi alla politica e alla cosa pubblica domandando ai propri genitori come abbiano potuto permettere lo sperpero di risorse pubbliche e il conseguente enorme indebitamento che ancora oggi dopo generazioni stiamo pagando a caro prezzo, soprattutto in termini di opportunità di investimento infrastrutturale e sviluppo sociale.

La premessa e l’elaborazione del pensiero mi impongono di immaginarmi tra venti anni a dover rispondere a questa domanda di mia figlia. Provate ad immaginarvi la stessa cosa con i vostri figli e nipoti: “papà, mamma, nonna, nonno… siete degli incoscienti, perchè avete fatto tutti questi debiti?”

Prima di leggere la vostra risposta alla consueta domanda, vi voglio parlare del “Solidaritätszuschlag”, che i tedeschi chiamano “Soli”, una sovrattassa sul reddito delle persone fisiche e sulle imprese introdotta dalla Germania nel 1991 a seguito della riunificazione. La tassa, che letteralmente tradotta in italiano significa “Supplemento di solidarietà”, serviva per assicurare investimenti e sviluppo sociale dei Länder dell’Est. Immaginatevi se si proponesse per colmare il divario tra il nord e il sud italiano. Da noi ha funzionato sempre al contrario: poveri che pagano ricchi che evadono.

Da Gennaio 2021 la Germania manterrà questa tassa per la fascia di reddito alta e altissima. Eppure, la Germania non ha problemi di sostenibilità di reddito, neanche a seguito degli effetti della pandemia, stando alle ultime proiezioni e dati su debito e crescita.

Spagna e Belgio (Stati con tasse alte) stanno introducendo un contributo di solidarietà per i multimilionari, per far fronte al fabbisogno di risorse pubbliche vitali e garantire servizi pubblici essenziali e ripartenza dopo il covid, senza ulteriore indebitamento e senza far pagare ai poveri e alla classe media.

Ma andiamo a noi, nella nostra meravigliosa Italia. Il ventennio di comunicazione politica berlusconiana ha reso la parola “patrimoniale”, o tassa di solidarietà, una bestemmia politica. Alle orecchie degli italiani la parola patrimoniale suona quasi come un crimine contro l’umanità. Peccato che alla stragrande maggioranza dei cittadini converrebbe alla grande.
Il ricco gruppo dirigente nostrano, usando i media e altri artifizi – come la leva sulla tassa odiosa sulla prima casa a cui hanno abbinato la “patrimoniale” – è riuscito a creare la protezione dei ricchi, a carico dei poveri e della classe media. D’altronde c’è chi diceva che “bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti”.

Secondo il Boston Consulting group, «l’Italia è la nona nazione al mondo per ricchezza finanziaria, con 5,3 mila miliardi di dollari. Il risparmio continua a essere un asset strategico, ancor più nel contesto emergenziale attuale. Le ipotesi di crescita annuale per la ricchezza nei prossimi anni variano in un range dall’1% al 3%». Sempre secondo lo studio del BCG «in Italia vi sono 400 mila milionari, cioè persone che detengono un patrimonio di almeno un milione di dollari in “ricchezza finanziaria”, l’1% della popolazione adulta. Se si guarda poi al segmento degli individui che detengono un patrimonio superiore ai 100 milioni di dollari di ricchezza finanziaria, in Italia se ne contano 1.700».
Siamo il paese europeo con il gap maggiore fra patrimonio e reddito delle famiglie. Per la precisione è 9 a 1. È un indicatore di disuguaglianza sociale. La ricchezza si produce e si accumula più velocemente solo se si ha un solido patrimonio, mentre chi deve cavarsela solo con il reddito da lavoro resterà sempre indietro.

A fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata 8,4 volte il loro reddito disponibile. In Germania appena 6 volte superiore, in Francia e Regno Unito meno di 8 volte superiore. Tale dato esclude le “attività non finanziarie” delle famiglie appartenenti al ceto medio, cioè abitazioni, immobili non residenziali, apparecchiature, terreni, impianti. Si potrebbe iniziare a ragionare sulla ricchezza di famiglie ricche e ricchissime e alle società che detengono attività finanziarie, cioè biglietti, depositi, titoli, prestiti, azioni, derivati, quote di fondi comuni, riserve assicurative e altri conti attivi.

A chi fa comodo questa narrazione errata di una tassa? Sicuramente a chi è abituato a mangiarsi tutto quel che può, a chi ci ha abituato alle grandi evasioni fiscali, o a chi ha a disposizione patrimoni ingenti di provenienza dubbia. Ad esempio è recente la notizia di un fondo di 500 miliardi gestito dalle mafie (https://tinyurl.com/y6fvv6gf). Un fondo con oltre 30 miliardi di euro di liquidità immediata e con un potere enorme di determinare l’equilibrio finanziario e mobiliare europeo. Se paragoniamo il fondo in mano alle mafie di 500 miliardi con le grandi discussioni finanziarie internazionali, capirete che le mafie sono in grado di competere dal punto di vista finanziario con gli Stati più avanzati e ricchi al mondo.

In Italia, anche per via della incredibile pressione mediatica perpetuata negli anni, è presente il partito unico contro la patrimoniale o il contributo di solidarietà da parte dei ricchi. Non è ammesso neanche aprire la discussione sulle soglie (se 500.000€ come prima soglia sono considerati pochi, si può discutere a partire da 2,3,5 milioni? O non se ne può proprio parlare?). Appare attuale più che mai la massima: “quando il ricco e il povero votano lo stesso partito (unico) c’è uno che si sta sbagliando, e non è il ricco.”

In conclusione, credo che qualsiasi persona libera da interessi personali, se necessario e in forma certamente non eccessiva, tasserebbe i patrimoni esageratamente alti. Ma non sia mai mettersi contro chi tira le fila. Piuttosto aumentiamo il debito pubblico, tanto a pagarlo sarà chi oggi alla domanda “è meglio una tassa oggi o un debito domani” ci risponde con uno sguardo innocente e di incondizionata fiducia.

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Fonte Ignazio Corrao

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