Orologi: smart o pericolosi

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di Roberto Vacca – I Lillipuziani impressionati dall’orologio da tasca di Gulliver, dissero: “L’uomo-montagna si porta dietro una macchina che fa gran rumore – come un mulino ad acqua. Pensiamo che sia un animale o probabilmente il dio che lui adora, perché dice che di rado fa qualcosa senza consultarlo. Lo chiama il suo oracolo e dice che gli suggerisce il tempo per ogni azione che deve compiere.”

Tre secoli dopo Swift, molti giovani non portavano più l’orologio al polso. Però alla fine del secolo scorso i telefoni cellulari mostravano l’ora – con essi potevamo già conversare ovunque, registrare messaggi vocali e scambiare brevi messaggi scritti – SMS (Short Message System). Dall’inizio del 21° secolo si diffondono gli smartphone [telefoni ”intelligenti”]: ora li usano tutti; conversano, accedono a Internet, a Google, a Reddit; entrano in social networks [Facebook, Youtube, Whatsapp, Wechat, Instagram, Twitter, Linkedin, Baidu Tieba [Postbar] etc.]; usano videogiochi individuali o collettivi; trasmettono in rete foto e immagini di ogni tipo.

I vantaggi sono enormi. Ovunque si trovi, ciascuno di noi recupera nomi, numeri, date, indirizzi; trova e accede ad articoli e opere culturali di ogni genere. Siamo tutti più ricchi, però le conseguenze negative sono anche gravi. Ti viene a trovare una famiglia di amici, ti dicono buongiornocomestai e, proprio come Lemuel Gulliver col suo orologione d’argento, pochi minuti dopo tirano fuori di tasca gli smartphone: i ragazzi si sprofondano in un videogioco; gli adulti trovano in Facebook citazioni, vignette, cinguettii ricevuti da amici o da sconosciuti che sono entrati in una loro cerchia. Se gli dici o chiedi qualcosa, i più giovani non rispondono nemmeno e i grandi ti fanno cenno di aspettare un momento – sono occupati e sorridono ancora sulla battuta che stanno leggendo.

Non si tratta solo di maleducazione. Nel Giugno 2018 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11) i disturbi da gioco su Internet con il Codice 6C51. Li ha definiti come situazioni in cui un paziente dà la precedenza al gioco rispetto al suo interesse per la vita e per le attività giornaliere. Suggerisce un approccio terapeutico cognitivo ai difetti del comportamento. Il Prof. C.S. Andreassen dell’Università di Bergen ha definito una Scala di Dipendenza da Facebook basata su valutazioni intuitive dello stesso paziente. Queste cercano di misurare: frequenza dell’uso – effetti sull’umore – tolleranza – tentativi di liberarsi dalla dipendenza – conflitti conseguenti – ricadute.

Questi problemi sono stati analizzati acutamente dal Prof. John Grohol che ha chiamato FOMO (Fear of Missing Out) – il timore di essere tagliati fuori, di non vivere al meglio, che spinge gli assuefatti a collegarsi continuamente con siti web molto popolari.

La ragione per cui Facebook è ritenuto particolarmente dannoso è che i contenuti relativi non sono soggetti ad alcun controllo di qualità. Sono spesso improvvisati, irrilevanti. La dipendenza da questo canale è diversa da quella di chi si appassiona a un’arte, una disciplina o all’acquisizione di una abilità non banale – mentre è banale quella di manipolare velocemente un mouse o di trarre soddisfazione da battutine scialbe.

La cura cognitiva non si deve limitare a evidenziare le perdite di tempo implicate e il fatto che queste attività non fanno acquisire abilità che destino ammirazione o che permettano di svolgere compiti ben pagati. Questi richiedono sempre più spesso la padronanza di tecnologie informatiche. Chi l’ha raggiunta sa bene che è il primo passo verso lavori coinvolgenti, come programmare computer, creare siti web, raccogliere ed elaborare dati e informazioni, progettare e calcolare processi avanzati. Anche imparare a fare queste cose, inizialmente può essere noioso. Ci riesci se hai una buona motivazione. Per acquistarla conviene che ti presenti a te stesso in modo positivo, romantico. Non suggerisco di sognare a occhi aperti, ma di pensare a quello che fai in termini più accettabili – e insieme rifletti che i giochi in rete e le distrazioni di Facebook non sono accettabili. Ti fanno diventare nessuno. Se giochi a Candy Crush, sei un ragazzino. Se programmi un computer, sei un uomo, che magari si avvia a guadagnare buoni soldi.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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