Potenziare le facoltà morali: mito o realtà?

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di Giuseppe Turchi – La pedagogia morale non funziona più. Lo dimostra il continuo peggiorare delle condizioni ambientali e delle disuguaglianze economiche. O almeno così la pensano Ingmar Persson e Julian Savulescu, ricercatori rispettivamente dell’Università di Gothenburg e dell’Università di Oxford. Il loro libro Unfit for The Future è chiaro: l’egoismo e l’imprevidenza sono caratteri innati della psiche umana e ci porteranno all’estinzione. Per fronteggiare una simile minaccia, gli autori hanno proposto di potenziare le facoltà morali della popolazione mondiale attraverso la somministrazione obbligatoria di farmaci. Ormoni come l’ossitocina e psicofarmaci come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), per esempio, hanno già mostrato la capacità di rendere i soggetti più empatici e collaborativi.

Alcuni studiosi, tra cui John Harris (Università di Manchester) si sono opposti a questo tipo di trattamenti poiché potrebbero compromettere non solo le capacità razionali, ma il libero arbitrio stesso: l’induzione farmacologica porterebbe gli individui “moralmente bio-potenziati” ad agire ciecamente, impedendo loro di valutare i vari contesti. Essere collaborativi con un pericoloso criminale, per esempio, non sarebbe saggio; come non sarebbe saggio per un giudice empatizzare con un imputato da condannare. L’effetto dei farmaci, però, lo si avrebbe indipendentemente da queste variabili.

Kathinka Evers (Università di Uppsala) e Darcia Narvaez (Università di Notre Dame) ritengono che, anziché fantasticare su improbabili dispositivi biomedici, bisognerebbe intervenire sulle esperienze vissute dagli individui. La ricerca di J-P. Changeux (Collège de France) ha infatti rilevato come gran parte delle connessioni cerebrali non siano geneticamente determinate, ma si sviluppino attraverso le relazioni col mondo. Più tali relazioni sono stressanti, specifica Narvaez, più nel cervello si rinforzano le aree implicate nell’espressione di una mentalità etica autoconservativa. Ciò significa che lo stress pone il cervello in “stato di allerta” incentivando comportamenti egoistici a discapito della socialità. Sebbene tale mentalità si possa rivelare utile in caso di pericolo, una sua costante attivazione, magari dovuta a una precoce e ripetuta esposizione a stimoli stressanti, è disfunzionale.

Ma quali sono queste fonti di stress? Narvaez punta il dito soprattutto contro le condizioni di vita della società post-moderna dove vige l’imperativo della velocità e della competizione. Bisogna inoltre sapere che, nel periodo dell’infanzia, il cervello dei bambini è più sensibile e forma connessioni che possono resistere anche tutta la vita, motivo per cui tutti i genitori dovrebbero essere istruiti su come soddisfare i bisogni psicologici dei figli (p.e. sicurezza, autonomia, controllo, ecc.).

Un’educazione alla genitorialità sarebbe dunque la prima riforma sociale da mettere in atto per migliorare la condotta morale dei cittadini. A ciò si dovrebbe poi associare un costante percorso di mentoring con figure competenti le quali, attraverso attività selezionate, aiuterebbero le persone a:

  1. disattivare la mentalità autoconservativa (se iper-attiva);
  2. sviluppare le aree cerebrali coinvolte nei processi affettivi e nel ragionamento critico.

La pedagogia morale, insomma, dovrebbe allearsi con la psicologia e le neuroscienze e – questa sarebbe la vera rivoluzione – permeare il percorso di crescita degli individui. Solo in questo modo si potrà sperare in un miglioramento del comportamento umano senza dover incorrere nei rischi del potenziamento tramite farmaci.

L’AUTORE

Giuseppe Turchi – Laureato in Filosofia, è stato Cultore della Materia in Filosofia Morale presso l’Università di Parma. Si occupa di naturalismo, di bio-potenziamento morale e del pragmatismo di John Dewey. Insiste strenuamente sulla necessità di fornire un’educazione digitale ai giovani e un’educazione alla genitorialità agli adulti. Autore di articoli di ricerca, di aforismi e di narrativa, ha pubblicato i racconti morali Nel Battito del Colibrì (2016) e Cortecce Rosse (2018).

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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