Professioni future: da “che fai per vivere?” a “che ami fare per vivere?”

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di Gianluca Riccio – Le “Grandi dimissioni” ( The Great Resignation) non sono una nuova tendenza per le professioni del mondo. Da tempo ci sono persone che rifiutano il lavoro perchè gli orari di ufficio e la cultura aziendale interferiscono con una vita più serena. Oggi però il fenomeno è molto più esteso: un gran numero di persone sta decidendo che la vita è più importante del lavoro. Almeno così come è oggi.

I tentativi di dare una dimensione “agreste” allo smartworking; le modifiche strutturali perfino degli spazi lavorativi; i cambiamenti profondi sia nei processi del lavoro in presenza che negli strumenti che garantiranno il lavoro a distanza (anche nel metaverso); l’esplosione della YOLO economy (You-only-live-once – Si vive una volta sola). In pratica, sembra che le aziende e le professioni (almeno certe aziende e certe professioni) nel prossimo futuro non avranno muri.

Generazioni diverse hanno atteggiamenti molto diversi nei confronti della loro vita e delle loro carriere. I baby boomer sono soliti chiedere “cosa fai per vivere?” . Molto di come ci definiamo si basa ancora su quanto bene abbiamo fatto con le nostre professioni.

E quelli che vengono dopo? Loro tendono a fare una domanda del tutto diversa. Chiedono “Cosa ti piace fare?”. E sono coerenti, se possono: se con le loro professioni non riescono a trovare una carriera che offra una corrispondenza adeguata tra ciò che fanno per divertimento e ciò che fanno per vivere, lasciano perdere.

Oggi più della metà dei ragazzi americani inizia a credere che il lavoro autonomo sia più sicuro di un lavoro a tempo pieno. Sembra un controsenso, in un pianeta che ancora riecheggia tempi in cui professioni “solide” garantivano impieghi solidi, chiunque fosse il ‘padrone’. La sicurezza e la stabilità di uno “stipendio fisso” diventa questione concettuale e complessa, nella quale non rientra solo l’aspetto economico.

Il bilancio della “busta paga”, in altri termini, comprende diverse trattenute. Anche quella del tempo sottratto agli affetti, alla salute, all’igiene personale, agli hobby creativi. Fatto tutto il bilancio, ci sono professioni che permettono di scegliere uno “stipendio” che abbia in bilancio voci più sane, magari a dispetto della parte economica, o magari con meno ore lavorate, o più flessibilità.

Il cambiamento è in atto, e il “life balance” guiderà molte delle future decisioni lavorative, modellando le professioni di domani.

 

 

L’AUTORE

Gianluca Riccio, classe 1975, è direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria, copywriter, giornalista e divulgatore. Fa parte della World Future Society, associazione internazionale di futurologia e di H+, Network dei Transumanisti Italiani. Dal 2006 dirige Futuroprossimo.it, una risorsa italiana sul futuro.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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