Qual è lo scopo del lavoro?

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di Riccardo Paniccia – Oggi il lavoro è visto come una fonte di reddito, ma anche come fonte di stress, di preoccupazioni, di noia. Ma è “necessario”. Un male necessario. Nessuno vorrebbe farlo, ma siamo costretti.

Il famoso detto cinese diceva: “trova un lavoro che ti piace veramente e non lavorerai mai un giorno della tua vita”. In pratica fà della tua più grande passione, il tuo lavoro.

Il problema è che spesso vediamo nel lavoro uno spreco delle nostre vite.

Per provare soddisfazione, dobbiamo attingere al significato più profondo del lavoro. Per gli esseri umani lo scopo può essere una questione di vita o di morte. Persino Viktor Frankl, sopravvissuto all’Olocausto, nella sua ricerca di significati, scrisse che: “La vita non è mai resa insopportabile dalle circostanze, ma solo dalla mancanza di senso e di scopo”.

Lo scopo è qualcosa che facciamo o che creiamo, non qualcosa che compriamo, ereditiamo o raggiungiamo. Si tratta di un obiettivo di qualcosa di personalmente significativo.

Il fine aumenta la nostra capacità di avere il massimo impatto nel lavoro che svolgiamo. Ci sentiamo energizzati, motivati quando abbiamo un senso di scopo.

Le persone che considerano il loro lavoro come una sorta di vocazione tendono ad essere più soddisfatte di coloro che pensano che il loro lavoro sia “solo” un lavoro. L’avere una vocazione non è limitato a persone in posizioni dirigenziali. Interviste fatte a i bidelli degli ospedali che credevano di avere una vocazione, vedevano il loro lavoro come qualcosa di più della pulizia, per loro si trattava di aiutare a sostenere la guarigione dei pazienti.

Avere uno scopo può aiutarci a superare gli ostacoli, un vantaggio che fa la differenza sul lavoro.

Lo scopo dipende dalla persona. Per alcuni di noi, un chiaro miglioramento finanziario del nostro lavoro dà un senso. Per gli altri, il significato è di appartenenza: le relazioni di lavoro e la cultura sono le nostre ragioni per alzarsi dal letto. Per alcuni il significato si trova nel partecipare all’innovazione o nel servire le persone bisognose. Per molti, se non per la maggior parte di noi, è un mix di cose.

Ma come mai il lavoro è visto come un girone dantesco cui è impossibile sottrarsi?

Forse siamo bruciati dallo stress, da un lavoro troppo impegnativo, siamo preoccupati da attività di routine, distratti dalle abitudini, immersi in liste di cose da fare, che non ci accorgiamo di come ci sentiamo.

Non pensiamo a come siano così coinvolti i nostri sentimenti. Perdiamo di vista il quadro generale. Potremmo esserci allontanati dal nostro scopo gradualmente. Forse siamo disillusi o ci sentiamo sottovalutati e non apprezzati.

Non importa quanto vi sentiate persi o bloccati, però, è possibile tornare indietro. Il modo in cui pensiamo ai nostri compiti quotidiani può alterare il nostro rapporto con il nostro lavoro. Quindi, cambiando prospettiva, possiamo raggiungere un maggior senso dello scopo, senza cambiare ciò che stiamo facendo.

Ma c’è un’altra parte importante.

Le persone con cui interagiamo ogni giorno sono fondamentali per il nostro benessere psicologico, per creare in noi la sensazione che abbiamo uno scopo che va oltre quello di compilare fogli di carta. Il fatto è che spesso non veniamo ascoltati, nè veniamo presi in considerazione. Più una azienda è grande e più succede. Il rapporto tra colleghi è basilare, perché è ciò che crea o meno un ambiente sano, confortevole e protetto, o al contrario crea dissapori, tensioni e nervosismi.

La maggior parte delle persone non è stressata per il lavoro, ma per il contesto lavorativo, cioè il clima che sono costrette a subire ogni giorno.

Anche su questo dovremmo riflettere e capire il ruolo del lavoro e della persona. Guardiamo molto al primo fattore, ma mai al secondo.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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