Ripensare il Ciclo di Vita dei prodotti

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di Gunter Pauli – Il settore globale dei beni e servizi ambientali (EGS) ha raggiunto nel 2010 l’incredibile cifra di 635 miliardi di dollari. Numeri ancora impressionanti se pensiamo che rappresenta una crescita del 45% negli ultimi cinque anni.

Entro il 2020 potrebbe raggiungere i 1000 miliardi di dollari.

La consulenza sulle energie rinnovabili, alla minimizzazione dei rifiuti, all’ecodesign, al commercio di carbonio e agli studi di valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – LCA) contribuisce oggi per 45 miliardi di dollari, il che rappresenta una grande opportunità per l’occupazione e l’imprenditorialità.

LCA o Valutazione del ciclo di vita, è un metodo che valuta tutte le interazioni e l’impatto che un prodotto ha sull’ambiente.

Attualmente si stima che l’UE, gli Stati Uniti e il Giappone rappresentino il 94% del mercato mondiale. Mentre le società di consulenza scandinave prosperano grazie ai decenni di politiche ambientali pionieristiche dei loro paesi e all’ampia domanda di innovazioni tecnologiche.

La legge francese prevede dal 2011, tutti i prodotti venduti in Francia debbano avere una dichiarazione ambientale su ogni prodotto. In questo modo cercano di stimolare il fatturato delle società che puntano sull’ambiente. Ciò sostiene le decisioni di acquisto e consente ai consumatori di capire l’impatto ecologico. Si prevede che un maggior numero di Stati membri dell’UE perseguirà la stessa strategia della Francia.

Ma si può fare di più.

Finora il sistema è orientato a contenere gli effetti negativi della produzione e del consumo. Mitigare, proteggere, ridurre, ecc.

È necessaria una svolta totale.

Cioè passare da “fare meno male” a “fare più bene”. Si tratta di un importante passo avanti, in quanto è improbabile che un tentativo di contenere sia proficuo per sempre, che una strategia di mitigazione riesca a migliorare. È in questo contesto che è necessario un nuovo portafoglio di servizi ambientali, che identifichi le opportunità di innovazione utilizzando le risorse disponibili.

Quando il Prof. Luigi Bistagnino, Preside della Scuola di Disegno Industriale della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino ha intrapreso un corso di laurea per insegnare l’ecodesign, si è rifiutato di abbracciare il mero “approccio a fare meno male”.

Ha sostenuto una teoria inversa. Non diamo premi a chi fa meno male, ma premi alle aziende che inquinano meno. Gli studenti sono rimasti molto impressionati da questa logica, perchè inquinare meno equivale comunque ad inquinare. Questo approccio prepara il terreno per un cambiamento fondamentale nel design industriale e permette l’emergere di nuovi modelli di business.

Questa semplice valutazione ha portato il Prof. Bistagnino a creare un nuovo tipo di LCA, partendo da una valutazione delle prestazioni basata sulle tradizionali tabelle che elencano tutti gli elementi necessari per produrre un prodotto o un servizio e quantifica tutti gli output, compresi i flussi di rifiuti. Questo fa parte di una tradizionale certificazione ISO 14.000.

Tuttavia, il Prof. Bistagnino insegna ai suoi studenti che tutte le strade che sono rimaste inutilizzate, ora devono trovare una propria via. Questo ha dato modo agli studenti di design di avventurarsi attraverso i materiali e i numeri, e si sono resi conto che molti rifiuti preziosi vengono semplicemente sprecati. Queste valutazioni hanno permesso di ripensare la gestione degli imballaggi multistrato, dai cuscinetti a sfere alle acque reflue urbane.

Ecco cosa è successo.

La prima azienda che ha beneficiato di questo nuovo tipo di LCA ha visto ripensare l’uso del vetro rispetto alla plastica. Oggi si privilegiano i contenitori in plastica perché sono più leggeri, quindi richiedono meno energia, creando meno gas serra. Di conseguenza, in tutto il mondo gli imballaggi per liquidi in plastica hanno guadagnato una quota di mercato dominante rispetto ai contenitori in vetro e ai sistemi multistrato.

Tuttavia, seguendo la logica presentata al Politecnico di Torino, il vetro può essere riciclato in schiuma di vetro, e questo è il nuovo materiale da costruzione, elimina la necessità di ulteriore isolamento, è ignifugo, non serve applicarci fungicidi e idrorepellenti.

La maggiore spesa energetica per i contenitori delle bevande è più che compensata dal risparmio di prodotti chimici e materiali da costruzione grazie alla multifunzionalità della schiuma di vetro che, oltre a tutto, necessita di CO2 nel processo produttivo.

Questo è solo un esempio per far capire che si può rivedere completamente i cicli di vita dei prodotti. É impensabile continuare ad ignorare ancora l’impatto che i prodotti hanno sul tutto l’ecosistema.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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