SPECIALE CETA – Ambiente e lavoro? Il nulla (parte 7)

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A cura di Dario Tamburrano e Tiziana Beghin, MoVimento 5 Stelle Europa/EFDD

Pubblichiamo, a puntate, un approfondimento speciale dedicato al CETA.

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La Commissione Europea e la commissaria europea al Commercio Cecilia Malmström amano presentare il CETA come un accordo capace di modellare la globalizzazione grazie alle sue efficaci regole (“strong rules”) per il rispetto dell’ambiente e per la protezione dei lavoratori.

In realtà i capitoli del CETA su ambiente e lavoro contengono dichiarazioni prive di effetti pratici, dal momento che manca un meccanismo in grado di farle rispettare: cosa implicitamente riconosciuta dal documento interpretativo approvato dal Consiglio UE insieme al trattato. Il documento infatti, all’articolo 10, dice che Canada ed UE si impegnano a rivedere presto i capitoli dedicati ad ambiente, sviluppo sostenibile e lavoro anche nell’ottica di fornire loro un’effettiva applicabilità. Il CETA contiene invece un potente meccanismo – la clausola ISDS-ICS – per far rispettare i diritti degli investitori.

Secondo le stime ufficiali UE, il trattato causerà prevedibilmente, nel breve periodo, la perdita di 167.000 posti di lavoro nell’UE stessa. Secondo uno studio indipendente i posti di lavoro perduti saranno ben di più.

Ambiente e sviluppo sostenibile

Gli articoli 22 e 24 del CETA sono dedicati, rispettivamente, a commercio e sviluppo sostenibile ed a commercio ed ambiente. Hanno in comune un linguaggio che comporta l’assenza di impegni vincolanti.

L’articolo 22 sullo sviluppo sostenibile contiene – in sostanza – il riconoscimento formale dell’importanza del tema. Istituisce a questo proposito meccanismi ed organi di cooperazione e discussione fra Canada ed UE, ma non specifica in cosa sfocerà il loro lavoro né quale valore esso avrà; non sono previsti né obblighi né incentivi per spingere i governi e gli investitori verso i principi dello sviluppo sostenibile.

Attraverso l’articolo 24, Canada ed UE affermano che é – testualmente – “inappropriato” incoraggiare il commercio o gli investimenti indebolendo le leggi sull’ambiente (24.5.1). I due punti successivi (24.5.2 e 24.5.3) specificano che le parti non devono indebolire le leggi ambientali e non devono evitare di rispettarle per incoraggiare il commercio e gli investimenti. Il concetto é ribadito dal paragrafo 9 del documento interpretativo che é stato approvato da Consiglio UE insieme al CETA. Secondo l’analisi dei testi commissionata da Greenpeace Germania, tuttavia, queste affermazioni possono essere utili per l’interpretazione del CETA ma non hanno in sé la forza del diritto, e non solo per la mancanza di un meccanismo sanzionatorio: “inappropriato” non significa “vietato” e in ogni caso la prova che una delle parti ha indebolito le norme ambientali per agevolare il commercio e gli investimenti potrebbe essere costituita solo da una dichiarazione in questo senso della parte stessa.

La sezione termina (articolo 24.16.1) con le frasi che escludono le infrazioni a questa parte del trattato sia dall’applicazione della clausola ISDS-ICS sia dal meccanismo di risoluzione delle controversie fra Stato e Stato contenuto nel CETA (quest’ultimo offre la possibilità di sanzioni o di compensazioni commerciali). Le eventuali dispute relative al rispetto dell’ambiente andranno trattate attraverso consultazioni (articolo 24.14) e attraverso un gruppo di esperti (articolo 24.15) incaricato di fornire una risposta scritta. Non sono previste sanzioni qualora gli esperti concludano che il Canada o l’UE hanno indebolito le leggi ambientali per agevolare gli scambi reciproci: cosa che pure il CETA vieta.

Per il resto, l’articolo 24 contiene affermazioni di principio (la protezione dell’ambiente é importante e produce benefici, 24.2) e riconosce il diritto delle parti a legiferare per proteggere l’ambiente in accordo con quanto previsto dal CETA (24.3): e il CETA contiene la clausola ISDS-ICS, in grado di far scattare il risarcimento dei danni qualora le politiche ambientali ledano gli interessi e i diritti degli investitori canadesi nell’UE (o degli investitori UE in Canada).

Energia

Il CETA non contiene articoli esplicitamente dedicati all’energia. Tuttavia l’articolo 8 del trattato (quello che comprende la clausola ISDS-ICS) é dedicato alla protezione degli investimenti, fra i quali vengono esplicitamente annoverate le concessioni per l’estrazione di risorse naturali (articolo 8.1.f.i). I combustibili fossili sono risorse naturali. Dunque la clausola ISDS-ICS può essere usata contro le politiche europee per ridurre le emissioni di gas serra, che entrano nell’atmosfera quando vengono bruciati combustibili fossili8). E’ un siluro puntato anche contro le strategie UE per l’efficienza energetica e per il risparmio energetico.

Inoltre il CETA attribuisce alla cooperazione normativa fra Canada ed UE il compito (articolo 21.3.d) di contribuire al miglioramento della competitività industriale ricercando un approccio normativo neutrale dal punto di vista tecnologico. La produzione di energia é un’attività di tipo industriale.

Nel campo dell’energia, “neutralità tecnologica” significa impedire ai legislatori di effettuare scelte politiche che penalizzano fonti fossili, fonti rinnovabili, nucleare o che promuovono le fonti rinnovabili. Significa eliminare la possibilità di favorire le energie pulite a discapito di quelle che inquinano e che causano l’effetto serra.

Nell’autunno 2016 Wikileaks ha diffuso un documento dal quale risulta che l’esplicita applicazione all’energia del principio della neutralità tecnologica é emersa durante i negoziati per il TISA, l’accordo sugli scambi di servizi in corso di negoziazione segreta fra 23 membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, fra i quali l’UE che tratta a nome di tutti gli Stati membri.

Lavoro

L’articolo 23, dedicato a commercio e lavoro, ricalca quelli su ambiente e sviluppo sostenibile: riconosce formalmente l’importanza della protezione dei lavoratori (non viene impiegato il vocabolo “diritti”), sancisce il diritto delle parti contraenti a legiferare per garantire protezione ai lavoratori ed il loro dovere di non indebolire o aggirare gli standard relativi al lavoro per incoraggiare il commercio e gli investimenti. Istituisce organi di confronto bilaterali dedicati a questo tema, ma esclude le controversie relative alla mancata protezione dei lavoratori dal meccanismo di risoluzione delle controversie fra Stato e Stato o dall’applicazione della clausola ISDS-ICS (articolo 23.11). Le demanda invece (articolo 23.10) all’esame di un gruppo di esperti incaricato di fornire risposte scritte e privo della possibilità di comminare sanzioni.

Dunque il CETA assicura efficacemente la protezione degli investimenti (clausola ISDS-ICS) ma non é in grado di assicurare il rispetto di quanto esso stesso sancisce in materia di protezione dei lavoratori, i quali sono esposti a ripercussioni negative legate all’entrata in vigore di qualsiasi accordo di libero scambio: eliminati gli ostacoli agli investimenti (é uno degli obiettivi del CETA), gli investimenti stessi tendono ad insediarsi nel luogo in cui devono sopportare i costi minori, compresi quelli relativi alla manodopera.

Il Canada non ha mai ratificato la fondamentale convenzione 098 dell’ILO (l’agenzia delle Nazioni Unite che promuove il lavoro dignitoso), quella che sancisce il diritto alla contrattazione collettiva delle retribuzioni. La contrattazione collettiva (che generalmente permette di ottenere salari migliori) é invece riconosciuta ed applicata negli Stati UE.

Secondo le stime ufficiali della Commissione Europea, per effetto del CETA a breve termine sparirà nell’UE lo 0,069% dei posti di lavoro. Significa che 167.000 persone dovranno cercarsi una nuova occupazione. Uno studio indipendente valuta in 230.000 i posti di lavoro che verranno perduti nell’UE per effetto del CETA entro il 2023.

(continua…)

Testo estratto dal wiki CETA di Dario Tamburrano e Tiziana Beghin.

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Fonte Il Blog delle stelle

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