Allarme peste suina africana in Liguria e Piemonte

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 Nella zona infetta 78 comuni piemontesi e 36 liguri.

Legambiente: “Oltre alle misure sanitarie finalizzate al contenimento dell’epidemia, si affianchino adeguati indennizzi in via emergenziale e iniziative strutturali di rilancio anche per il mondo dell’outdoor.”

Al ministro della salute Roberto Speranza chiediamo di vietare per i prossimi 36 mesi in tutte le Regioni la caccia al cinghiale nelle forme collettive”.

A inizio gennaio è stata confermata dalle Istituzioni sanitarie competenti la presenza della peste suina africana (PSA) in Piemonte e Liguria, individuando la “zona infetta” in un’area che ricomprende 78 Comuni piemontesi e 36 Comuni liguri. Ad oggi, sono 14 le carcasse di cinghiali risultate infette in Piemonte e 15 in Liguria, la prima carcassa è stata trovata nelle campagne di Ovada, in provincia di Alessandria. A seguito del ritrovamento delle carcasse di cinghiali infette, nelle aree coinvolte di Liguria e Piemonte sono scattate le misure di controllo della malattia attraverso una ordinanza del Ministero della salute e le conseguenti ordinanze emanate dalle Regioni Piemonte e Liguria, individuando la “zona di sorveglianza” e la “zona infetta”.

Per Legambiente se da una parte le misure intraprese dal Ministero della salute e dalle Regioni interessate, così come previsto dalla normativa internazionale, europea e nazionale di riferimento, sono indispensabili per il contenimento della malattia e per frenare il più possibile l’espansione della PSA in altre aree del Paese; dall’altra parte è importante e necessario adottare anche degli altri interventi a partire da adeguati indennizzi in via emergenziale e iniziative strutturali di rilancio rivolti a tutte le attività economiche e professionali che vi operano, comprese quelle relative alle attività outdoor. Oltre a ciò l’associazione ambientalista, con un appello diretto al ministro della Salute Roberto Speranza, chiede che venga emessa un’ordinanza che preveda il divieto per i prossimi 36 mesi della caccia nelle forme collettive al cinghiale (braccata, battuta e girata). Risulta, infatti, di tutta evidenza il fatto che l’attività venatoria aumenti molto la mobilità e gli spostamenti dei cinghiali, producendo l’aumento delle probabilità di diffusione della PSA. Per questo alla luce di questa riflessione, sulla base delle evidenze scientifiche e del principio di precauzione e ai fini della tutela dei prevalenti interessi economici, è stata avanzata questa richiesta.

“Le conseguenze, anche economiche, innescate dalla peste suina africana sulla filiera suinicola e sulle attività economiche delle aree interessate sottoposte a restrizioni sono pesantissime. Per questo – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è quanto mai urgente approvare un decreto che preveda per tutti i Comuni della “zona infetta” articolati ed adeguati indennizzi in via emergenziale, oltre a iniziative strutturali di rilancio, rivolti a tutte le attività economiche e professionali che vi operano, comprese quelle relative alle attività outdoor, e per le quali le stringenti misure impongono, dopo la pandemia da Covid-19, un ulteriore e prolungato blocco. La gravità della vicenda della peste suina africana rende inoltre palese che la gestione della fauna selvatica in Italia non può e non deve essere più “abbandonata”, come è stato negli ultimi trent’anni, nelle mani di soggetti privati, ma deve direttamente ed esclusivamente essere condotta da Enti pubblici, al fine precipuo di garantire efficacia ed efficienza a tutti gli obiettivi d’interesse collettivo, in primis l’equilibrio ecologico e sanitario”.

L’associazione ambientalista evidenzia, inoltre, l’urgenza che il Governo adotti il “Piano nazionale di controllo della specie cinghiale” che punti ad una significativa riduzione delle densità delle popolazioni, facendo uso esclusivamente di strumenti selettivi. Ultimo aspetto riguarda il fatto che l’attuale filiera suinicola, basata prevalentemente sull’allevamento intensivo e fonte di forti impatti sanitari, ambientali e sociali, rischia di aggravare ulteriormente l’attuale scenario. Per tale ragione, è fondamentare continuare a lavorare senza sosta al fine di garantire un modello di allevamento che riduca fortemente gli input negativi, orientato al rispetto del benessere animale, alla riduzione delle emissioni e alla qualità della carne destinata ai consumatori.”

“A pagare maggiormente le conseguenze dell’epidemia rischiano di essere gli allevamenti semibradi e biologici di maiali – hanno aggiunto i presidenti dell’associazione del cigno verde di Piemonte e Liguria, Giorgio Prino e Santo Grammatico – che privilegiano e conservano razze autoctone e rappresentano realtà e modelli di allevamento virtuosi. A tale riguardo, Legambiente lancia un monito alle istituzioni, chiedendo che tali allevamenti vengano sostenuti non solo in via emergenziale ma in maniera strutturale, attraverso un “Piano strategico nazionale per il supporto e il rafforzamento dell’allevamento suinicolo semibrado e biologico”, rappresentando un modello basato su buone pratiche in ambito zootecnico, attente al benessere animale, alla riduzione dei carichi emissivi e con un rapporto privilegiato con il territorio”.

Un altro aspetto importante che la PSA fa emergere è legato alle attività outdoor. “Pur nella consapevolezza che la scelta del loro blocco sia obbligata in questa fase per cercare di evitare la diffusione e l’espansione del virus –  continuano presidenti dell’associazione del cigno verde di Piemonte e Liguria, Giorgio Prino e Santo Grammatico  – è noto che questo provvedimento segue e moltiplica gli effetti negativi degli obblighi e delle limitazioni determinate dal precedente lockdown causato dal Covid-19, rappresentando un durissimo colpo a turismo sostenibile, mobilità dolce e attività all’aria aperta che per molte delle aree interne coinvolte, già fortemente penalizzate e soggette al fenomeno dell’abbandono, sono elementi centrali dal punto di vista economico e sociale. In attesa dei riscontri che seguiranno il monitoraggio dell’attuale scenario dal punto di vista sanitario – hanno proseguito -, chiediamo che per tutti i Comuni della “zona infetta” siano riconosciuti indennizzi rivolti ai soggetti colpiti direttamente e indirettamente (operatori del settore, attività economiche, guide ambientali e turistiche, società sportive) dai provvedimenti adottati. In particolare, chiediamo al Ministero del turismo di provvedere con la massima urgenza allo stanziamento di un fondo specifico, in accordo con le Regioni interessate, per sostenere con urgenza le attività economiche outdoor gravemente danneggiate dai provvedimenti intrapresi, anche elaborando e adottando un “Piano strategico per le attività outdoor”, utilizzando i fondi del PNRR, per dare vita a una programmazione e pianificazione delle attività, delle opere e delle infrastrutture, materiali e immateriali, necessarie al rafforzamento delle attività outdoor nei Comuni della “zona infetta” al termine dell’emergenza sanitaria determinata dalla PSA. Auspichiamo che l’adozione delle stringenti e necessarie misure sanitarie  Nazionali e Regionali, forti del senso di responsabilità e la collaborazione dei cittadini e delle categorie  direttamente coinvolte, a valle   dei puntuali monitoraggi effettuati  e dei dati   raccolti per aggiornare l’evoluzione della pandemia , possano portare, al più presto, ad un miglioramento della situazione sanitaria e ad superamento dei limiti attualmente previsti rispetto alle  categorie economiche particolarmente colpite dai provvedimenti in corso ”.

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Fonte Legambiente

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