Bonifiche, Legambiente lancia #liberidaiveleni

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Parte dalla Valle del Sacco e dalla Terra dei fuochi la campagna per il risanamento ambientale e il diritto alla salute nei territori dell’Italia inquinata. Rimpalli di competenze e gravi ritardi sui tempi stabiliti mentre le sostanze tossiche minacciano gravemente la salute dei cittadini.

Legambiente chiede una decisa accelerazione delle bonifiche, più risorse nel PNRR e i decreti attuativi della legge 132/2016

La Valle del Sacco e la Terra dei fuochi: da questi due territori prende il via la campagna itinerante di Legambiente #liberidaiveleni per mettere in luce, ancora una volta, mancate bonifiche e situazioni di inquinamento su cui i cittadini, da anni, aspettano risposte pagando l’assenza di una politica trasversale e duratura per il risanamento e il rilancio dei territori. Si è partiti dalla Campania con un flash mob alle 11 sotto la Giunta regionale, per proseguire nel Lazio con la seconda tappa, alle 16 a Ceccano.

Le operazioni di bonifica sono in fortissimo ritardo rispetto ai tempi già stabiliti; serve una decisa accelerazione delle bonifiche dei siti inquinati che costellano il Paese. Tristemente esemplari le vicende che hanno caratterizzato la Valle del Sacco, che attraversa diversi comuni nella provincia di Roma e Frosinone nel basso Lazio, e la Terra dei Fuochi, anticamente denominata Terra Felix, che comprende un’ampia porzione di territorio della Campania tra la provincia di Napoli e Caserta.  Aree, anticamente fertili e floride, accomunate oggi da un inquinamento pesante dei terreni, delle acque superficiali e di falda, delle colture e degli allevamenti, con conseguenti danni ambientali, sanitari ed economici, per cui sono state inserite nel programma nazionale dei siti da bonificare (SIN). Entrambe le aree, poi, sono state però “declassate” a siti di interesse regionale (SIR) nel 2013. Fortunatamente la Valle del Sacco, con un ricorso al TAR che ha visto in prima linea anche Legambiente, è stata riammessa nell’elenco dei SIN, accumulando però un notevole, ulteriore ritardo nelle azioni di bonifica.

“Il PNRR inviato dal governo Draghi a Bruxelles – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – dimentica le grandi aree da bonificare, i cui interventi di risanamento registrano ritardi insopportabili anche dal punto di vista della salute come dimostrano diverse indagini epidemiologiche”.

Il rimpallo di competenze che si è succeduto per 15 anni per il sito del Bacino del Fiume Sacco ha sortito l’effetto di ritardare (o di fornire “la scusante” ai soggetti attuatori) le operazioni di caratterizzazione e di bonifica dell’area. Nel 2019 con l’Accordo di Programma tra l’allora Ministero dell’Ambiente e la Regione Lazio, sembrerebbe essersi stabilizzata la macchina organizzativa, i ruoli e le competenze dei soggetti attuatori. È previsto un finanziamento di 53,6 milioni di euro, sono state stabilite le prime “priorità di intervento” che per la maggior parte riguardano la messa in sicurezza e la caratterizzazione di aree pubbliche e private. Sono stati definiti 12 interventi prioritari e le risorse rese disponibili riguardano 10 siti nella provincia di Frosinone e 2 in quella di Roma e prevedono, nell’arco dei primi quattro anni (quindi entro il 2023), all’interno dei comuni ricadenti nel SIN, operazioni di caratterizzazione che riguardano la valutazione epidemiologica dei cittadini residenti, l’inquadramento delle aree agricole ripariali e il monitoraggio delle acque (per uso potabile, irriguo e domestico).

In Campania, lo stato di attuazione del decreto “Terra dei Fuochi” del 2013 ha fornito un quadro, basato sui risultati delle analisi dirette, che vede il 65,86% delle aree sottoposte a indagini classificato come “idoneo alla produzione agroalimentare”, il 20% idoneo ma limitatamente a determinate produzioni agroalimentari in specifiche condizioni e il 12,5% da interdire a qualsiasi produzione agroalimentare o silvopastorale. Nonostante questo quadro, ancora non si hanno informazioni sul decreto del Ministero della Transizione ecologica per i valori caratterizzanti le acque ad uso irriguo. Dal 2014 (anno in cui è stato rimodulato il dispositivo dell’operazione “Strade Sicure” per svolgere attività di pattugliamento nella “Terra dei Fuochi”) a maggio 2020 sono stati individuati 5.288 siti di sversamento: 2.242 in Provincia di Napoli e 3.046 in Provincia di Caserta. Va sottolineato che la Terra dei fuochi rientra nel più ampio sito di interesse regionale denominato Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano, dove le principali criticità per il suolo e il sottosuolo sono causate da smaltimento abusivo dei rifiuti solidi e liquidi, da una contaminazione da diossina legata alla combustione illecita dei rifiuti e alla migrazione di contaminanti da aree industriali nelle acque superficiali e di falda e nei sedimenti. Secondo il Piano Regionale Bonifiche della Regione Campania, ben cinque Aree Vaste (Masseria del Pozzo, Maruzzella, Lo Uttaro, Regi Lagni e Bortolotto) ricadono esattamente nell’ex SIN Terra dei fuochi; luoghi noti per le diverse inchieste condotte negli anni dalla magistratura per le attività illegali che li hanno caratterizzati. Ad esempio, l’area vasta Masseria del Pozzo-Schiavi, nel comune di Giuliano, è un’area di circa 220 ettari in cui insistono la discarica ex Resit, la Novambiente di Vassallo, l’Ampliamento Masseria del Pozzo-Schiavi, l’area Eredi Giuliani, la Cava Giuliano e Ponte Riccio: tutte ancora da sanare.

“Bisogna passare dalle parole ai fatti – prosegue Stefano Ciafani -. La riforma prospettata dalla legge 132 del 2016, che istituisce il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, permetterebbe di superare il problema cronico della rete dei monitoraggi pubblici a macchia di leopardo e va nella direzione giusta, ma servono subito i decreti attuativi e vanno anche garantite più risorse economiche per potenziare i controlli pubblici. Abbiamo gli strumenti della legge sui delitti ambientali, la legge 68 del 2015, che prevede anche il reato di omessa bonifica, da utilizzare sempre meglio. Vanno inoltre rafforzati e uniformati i controlli su tutto il territorio nazionale, con azioni di prevenzione e repressione”.

Pesante l’impatto sanitario. Per la Valle del Sacco, nel 2019 il rapporto Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) alla sua quinta edizione ribadisce quanto già individuato, cioè come lo “stato di salute dei residenti nella precedente perimetrazione che comprendeva nove comuni (Anagni, Colleferro, Ferentino, Gavignano, Morolo, Paliano, Segni, Sgurgola, Supino)” porta ad avere “eccessi di mortalità per tutte le cause e, tra gli uomini, eccessi di mortalità per tutti i tumori, in particolare quello dello stomaco e per malattie dell’apparato digerente. Tra le donne si evidenziavano eccessi delle malattie dell’apparato circolatorio”.

“La bonifica della Valle del Sacco deve concretizzarsi per restituire a questi territori la fruibilità, la sostenibilità ambientale e la loro bellezza – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio -. Qui da oltre quindici anni, insieme a cittadini attivi, associazioni e istituzioni, abbiamo messo in campo centinaia di iniziative, denunce, processi, ricorsi vinti contro il declassamento del sito e tavoli di lavoro per l’individuazione del perimetro da bonificare; così facendo si è riusciti a porre la Valle del Sacco e la sua bonifica, in primo piano sul panorama nazionale, contro i veleni invisibili, e avvelenatori troppo spesso impuntiti, che hanno devastato la sua ricchezza ambientale e sociale. Ora si deve passare ai fatti, con una caratterizzazione completa, la bonifica dei luoghi individuati come prioritari, e iniziando contemporaneamente a pianificare tutti gli interventi necessari, con lo stanziamento delle risorse giuste, per dare gambe all’intera opera di risanamento ambientale, curando una delle più grandi ferite aperte sul nostro territorio”.

Nello stesso rapporto la Terra dei fuochi viene inclusa nel Sito di Interesse Regionale del Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano. La mortalità generale e per le principali cause vi risulta in eccesso rispetto alla media regionale, così come lo era anche nel periodo precedentemente analizzato (2003-2010). Le ospedalizzazioni per grandi cause risultano in eccesso per tutti i tumori nei soli uomini (eccesso riscontrato anche nello studio del 2014). È di agosto 2020 la pubblicazione sull’International Journal of Environmental Research and Public Health di uno studio dell’Istituto superiore della sanità sull’impatto sulla salute degli smaltimenti e della combustione di rifiuti, anche pericolosi, nella Terra dei fuochi. L’ISS ha sviluppato uno specifico approccio del Sistema informativo geografico (GIS) per stimare un indicatore di esposizione al rischio di rifiuti nei 38 comuni di Napoli e province di Caserta oggetto di studio e interessati, dalla fine degli anni ’80, da discariche abusive e siti di combustione di rifiuti. “Si osservano – dice lo studio – eccessi statisticamente significativi di mortalità per i tumori del fegato e della vescica in entrambi i generi, per i tumori della mammella nelle donne e per i linfomi non Hodgkin negli uomini. Sulla base dei risultati attuali sono urgentemente necessarie azioni di bonifica ambientale e l’arresto delle pratiche illegali e di gestione dei rifiuti ancora in corso”.  Insomma, non c’è davvero tempo da perdere.

“La Terra di fuochi – dichiara Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – è una terra “martoriata” nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni da una classe politica trasversale che non è riuscita ad adottare soluzioni serie e concrete. Dal 2003, anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine nel nostro rapporto Ecomafia, si sono succeduti 11 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace contro il virus ‘terra dei fuochi’. Chiediamo che in quei territori vanga fatta davvero ecogiustizia a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti. Lo dobbiamo ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza. Per fermare il fuoco e i veleni dell’ecomafia è necessario dare risposte efficaci, troppo a lunghe rimandate, che richiedono uno sforzo congiunto di tutti”.

Il tema dei siti contaminati è stato inserito per la prima volta fra le priorità della sanità pubblica nel 2017 dalla sesta Conferenza ministeriale ambiente e salute dei 53 Paesi della regione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono stati stimati circa 342.000 siti contaminati in Europa, dei quali solo il 15% è stato sottoposto a intervento di risanamento ambientale. Aree contaminate da sostanze chimiche tossiche tali da costituire una minaccia attuale o potenziale per la salute delle popolazioni residenti, compresi i sottogruppi vulnerabili quali i bambini, e dove gli aspetti sanitari, ambientali, sociali e occupazionali sono fortemente interconnessi.

Per la bonifica della Valle del Sacco e della Terra dei fuochi, vista la natura agricola della maggior parte dei terreni ricadenti nei due siti, Legambiente ritiene che sarebbero da preferire tecniche di bonifica in situ tramite fitorisanamento e fitodepurazione che permetterebbero di limitare gli spostamenti di ingenti quantità di terreno (e relativi possibili traffici illeciti) mantenendo le caratteristiche e la vocazione del territorio ormai bloccate dal perdurare delle criticità. Bisogna inoltre risolvere il problema della normazione dei parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica. Vista la persistente contaminazione della falda che viene utilizzata per le attività di irrigazione è quanto mai necessario avere dei parametri di riferimento validi e specifici da poter applicare da parte degli organi di controllo. Più passa il tempo e più il circolo vizioso che si è venuto a creare creerà confusione, danni e illeciti.

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> #liberidaiveleni focus le bonifiche della Valle del sacco e della Terra dei Fuochi 

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Fonte Legambiente

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