Il Futuro dei nostri figli

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di Alessandro Cacciato – La scelta del percorso di studi per garantire un futuro ricco di soddisfazioni ai propri figli è un classico dilemma dei genitori. Questa decisione oggi più che mai assume un’importanza centrale per i di ragazzi che si stanno formando in questo periodo storico, poiché vivranno sulla propria pelle il profondo e vero mutamento del mondo del lavoro alimentato dalla quarta rivoluzione industriale.

Paura del fallimento

Ciò che viene richiesto a genitori e figli è il cambiamento di mentalità, per dimenticare le scalate sociali del secolo scorso garantite dalle classiche lauree: bisogna guardare oltre. Molte famiglie vivono il miedo del fracasso – in spagnolo indica la paura di fallire – che pone ostacoli incredibili per l’ingaggio dei giovani verso l’auto imprenditorialità. Stiamo pagando a caro prezzo la mancanza di una diffusa mentalità imprenditoriale, vera grande assente nel sistema scolastico e universitario.

Liceo superstar

Analizzando i dati del MIUR sulle nuove iscrizioni alle scuole superiori nell’anno scolastico 2017/2018, il miedo del fracasso torna protagonista. Il 53.4% degli studenti hanno scelto il liceo, il 30.4% gli istituti tecnici mentre gli istituti professionali si fermano al 16%, questi ultimi con una diminuzione dell’1.3% rispetto l’anno precedente. Ecco dunque lo spaccato della nostra società che spinge i giovani a percorsi di studi che prevedono tendenzialmente un trampolino di lancio verso l’università.

Sempre più NEET

I Neet sono i quelle persone che hanno finito gli studi, non hanno trovato lavoro e hanno smesso di cercarlo. Il report sull’occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa della Banca d’Italia del settembre 2016 ci trasmette un quadro decisamente diverso dalle aspettative dei genitori.

L’Italia ha la più bassa incidenza di laureati sulla popolazione, infatti su cento giovani tra i 25 e 34 anni solo ventiquattro hanno un titolo di studio universitario. Questo dato indica il basso numero degli studenti che si iscrivono all’università appena terminata la scuola secondaria o un elevato tasso di abbandono. La sensazione è dunque che la corsa all’iscrizione verso i licei possa potenzialmente arricchire le fila dei neet.

A differenza degli istituti tecnici e professionali i liceali non avendo dimestichezza con alcun mestiere, se scartata o fallita l’esperienza universitaria, tendenzialmente sono più esposti all’inattività. Infatti i neet in Italia sono tantissimi, il 19.9%, quasi un giovane su cinque in un’età compresa tra i 15 ed i 24 anni.

Cultura imprenditoriale

La mancanza di una diffusa cultura imprenditoriale si può notare anche nell’uso del microcredito. Dei 53 milioni di euro messi a disposizione nel progetto Crescere Imprenditori, sono stati spesi – nel 2017 – appena sette a causa della mancanza di richieste.

Come possiamo scegliere il nostro futuro?

Un aiuto, almeno per la scelta dei percorsi di studi, potrebbe arrivare dall’analisi dei risultati del sistema informativo Excelsior realizzato da Unioncamere e del Ministero del Lavoro che annualmente, attraverso l’intervista di circa 100.000 imprese con almeno un dipendente, restituisce in modo analitico il fabbisogno di occupazione per l’anno in corso.

Lavori disponibili per lavoratori introvabili

Nella tabella constatiamo che nel 2016 le professioni disponibili con candidati introvabili sono quasi totalmente nei settori tecnici, sia per diplomati che laureati.

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La mia riflessione continua con i dati del World Economic Forum che recentemente ha stilato la propria visione sui lavori del futuro. Il dato più curioso, ed in un certo senso allarmante, è che il 65% dei bambini che oggi frequentano le scuole elementari andranno a svolgere una professione ancora inesistente. Anche per questo bisogna mettere in soffitta i sogni dei genitori nel vedere i propri figli impiegati in professioni “blasonate” ma ormai fuori dalla storia.

La Commissione europea ha calcolato che entro il 2020 ben 900.000 posti di lavoro resteranno vacanti per mancanza di professionalità. Dall’altro lato, pare che entro tre anni i robot e le macchine intelligenti ruberanno 5 milioni di occupazioni e quei lavori che non verranno cancellati subiranno una profonda trasformazione, nessuno escluso.

Profondi mutamenti e perdita di posti di lavoro

Nel 2033, stando ai dati del world Economic Forum, con l’entrata in funzione di nuove macchine si perderanno posti di lavoro nei settori dell’agricoltura e pesca ma anche nel commercio, nonostante in Italia si continui ad investire sui centri commerciali.

Altri settori che tra il 2015 ed il 2020 vedranno perdere posti di lavoro saranno:

Amministrazione ed ufficio – 4.759
Manifatturiero e produzione – 1.609
Costruzione ed estrazione – 497
Arte e design, sport, media – 151
Installazione e mantenimento -109
Settore legale – 40

I lavori del futuro

Alcune delle professioni più richieste a partire dal 2020 saranno:

  1. Developer – sviluppo software
  2. UX Designer – esperienza dell’utente
  3. E-commerce specialist – vendita on line
  4. Digital marketing – manager promozione brand
  5. Data analyst – analisi dei dati
Nuovi interrogativi

La classe dirigente è adeguata a gestire questo epocale cambiamento?

La popolazione sta invecchiando a causa del calo delle nascite e con essa la classe dirigente, alla quale è stata posticipata la data del pensionamento. Politici e super burocrati sono però chiamati ad interpretare e decidere su di un futuro ipertecnologico, pur essendosi formati in epoca analogica ed il risultato è sotto gli occhi di tutti: il 30% dei cittadini non hanno competenze digitali, nelle scuole sono disponibili 1 computer ogni 8 alunni e gli investimenti del Governo in ricerca e sviluppo raggiunge un misero 1.3% del PIL contro una media europea del 2% con la Germania che svetta al 2.9%.

La mancanza di meritocrazia nella pubblica amministrazione infine grava pesantemente in questa nuova era che mette al centro il talento.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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