Il futuro dell’apprendimento

Tempo di lettura: 5 minuti

di Sugata Mitra – Come sarà il futuro dell’apprendimento? Per rispondere a questa domanda ho cercato prima di capire da dove provenga l’apprendimento nelle scuole.

Tutto è iniziato 300 anni fa, dall’impero britannico. Immaginate di assistere a questo scenario: gestire l’intero pianeta senza computer, senza telefoni. Impossibile? I Vittoriani in realtà lo fecero. Quel che fecero fu eccezionale. Ed è ancora presente al giorno d’oggi: si chiama sistema amministrativo burocratico. Per poter far partire questo sistema avevano bisogno di un sacco di gente. Inventarono un altro sistema per creare le persone adatte al sistema amministrativo: la scuola. Le scuole hanno prodotto quelle persone che poi hanno fatto parte della macchina burocratica amministrativa. Tutti dovevano essere identici l’uno all’altro. Dovevano sapere tre cose: avere una bella calligrafia, perché i dati sono scritti a mano; saper leggere; e fare la moltiplicazione, la divisione, l’addizione e la sottrazione a mente. Dovevano essere così uguali, cosicché se avessero preso qualcuno in Nuova Zelanda per mandarlo in Canada, sarebbe stato immediatamente operativo. I Vittoriani erano grandi ingegneri. Hanno Inventato un sistema così consolidato che è ancora in uso, producendo nuove identità per un sistema che ormai non esiste più.

Ma arriviamo ad oggi. Le scuole come le conosciamo noi sono obsolete.

Questa è una considerazione piuttosto forte. Non dico che non funzionino. Anzi, la scuola è organizzata benissimo. È solo che così com’è non serve più a nulla. È superata.

Che tipi di lavori abbiamo oggi? Principalmente lavori al computer. Le persone che lavorano al computer non hanno bisogno di avere una bella grafia. Non hanno bisogno di fare calcoli a mente. Devono saper leggere, devono saper leggere con attenzione.

Non sappiamo quali lavori avremo in futuro, o meglio, possiamo immaginarlo. Quindi, come farà l’attuale sistema scolastico a preparare i bambini per quel mondo?

Beh, io sono finito in questa cosa assolutamente per caso.

Ho iniziato 14 anni fa a Nuova Delhi ad insegnare alla gente a scrivere programmi per computer.

E proprio di fianco a dove lavoravo c’era una baraccopoli. E pensavo: “Come faranno mai quei bambini a imparare a scrivere un programma per computer?”

Sapete allora cosa ho fatto? Ho fatto un buco nel muro di confine tra le aule dove insegnavo e la baraccopoli, e ci ho infilato dentro un computer, per vedere cosa sarebbe successo. Un computer quindi a bambini che non avrebbero mai avuto uno e che non conoscevano alcuna parola in inglese.

Mi chiesero cosa fosse, gli risposi che non lo sapevo. Poi mi chiesero se potevano toccarlo, gli risposi di si e andai via.

Circa 8 ore dopo, stavano già navigando in internet.  Impossibile, ho pensato.

I miei colleghi mi dissero, “Uno dei tuoi studenti è passato di lì, e ha mostrato loro come usare il mouse.” Quindi ho ripetuto l’esperimento.

Sono andato a 482 km da Nuova Delhi, in un villaggio sperduto ( le possibilità che passasse un ingegnere sviluppatore di software erano davvero scarse!) E ho ripetuto l’esperimento lì.  Ho piazzato il computer al centro del villaggio, sono andato via e sono tornato due mesi dopo.

Quando mi hanno visto, i bambini mi hanno detto, “Vogliamo un processore più veloce e un mouse migliore!” Così gli ho detto, “Come fate a sapere tutto ciò?”  Con un tono molto irritato mi risposero: “Ci hai dato una macchina che funziona solo in inglese, per cui abbiamo dovuto imparare l’inglese da soli per usarlo.”

Era la prima volta da insegnante che sentivo la frase “imparare da soli” detta con tale noncuranza.

In altre parti della nazione ho rifatto lo stesso esperimento più e più volte, ottenendo esattamente gli stessi risultati precedenti.

Bambini che da soli imparavano l’utilizzo di qualcosa sconosciuta.

Ma ero curioso di testare l’esperimento con altre materie, ad esempio per la pronuncia.

C’è una comunità di bambini nel sud dell’India che ha una pessima pronuncia inglese. Ho dato loro un calcolatore con un programma di scrittura vocale, e ho detto, “Continuate a parlare finchè il programma non scrive quello che dite.” Il risultato fu straordinario. La pronuncia era migliorata ed era chiarissima. Il computer la ripeteva perfettamente.

Ho deciso poi di provare con una proposta assurda. Ho fatto un’ipotesi, un’ipotesi ridicola. Il Tamil è una lingua dell’India meridionale, e mi son detto: “ I bambini che parlano Tamil in un villaggio dell’India meridionale possono imparare la biotecnologia della replicazione del DNA in inglese, da un computer per strada? Facciamo il test, forse non otterrò nulla.

Ho scaricato moltissimi file da Internet sulla replicazione del DNA, la maggior parte dei quali non capivo nemmeno io! E ho posizionato il computer all’interno del villaggio di Kallikuppam nell’India meridionale.

I bambini si precipitarono e mi chiesero cosa fosse, gli risposi che era qualcosa di veramente importante ma era tutto in inglese. Mi risposero irritati: “Come possiamo capire parole e disegni di chimica, così importanti in inglese?” Gli risposi che non ne avevo la più pallida idea e andai via.

Così li ho lasciati per un paio di mesi. Appena tornato i bambini mi hanno detto: “Non abbiamo capito niente, ma non ci siamo arresi. Guardiamo queste figure ogni giorno”.
Quindi gli ho chiesto: “Non capite cosa sono queste figure e le continuate a vedere ogni giorno, a cosa serve se non capite?”
Così una bambina di 8 anni ha alzato la mano, e mi ha detto in lingua Tamil: “Beh, a parte il fatto che la replicazione impropria della molecola di DNA provoca la malattia, non abbiamo capito nient’altro!”.

Così li ho testati nuovamente. Ho affidato loro una ragazza di 22 anni, che non conosceva alcuna nozione di biologia molecolare, e le dissi di utilizzare il metodo della nonna.
Ogni volta che fanno qualcosa, digli solo: “Beh, wow, voglio dire, come hai fatto? Qual è la pagina successiva? Gosh, quando avevo la tua età, non avrei mai potuto farlo!”. Capito? Come fanno le nonne!

E così è stato per altri due mesi. I punteggi dei test sono balzati al 50%. Bambini che parlavano tra di loro di neuroni! Bambini tra gli 8 a i 12 anni che dicevano: “I neuroni comunicano!” Straordinario!

Come saranno quindi i posti di lavoro del futuro? Come sarà l’apprendimento? Oggi sappiamo come stanno le cose: i bambini hanno il cellulare su una mano e poi vanno a scuola con riluttanza con un libro nell’altra.

Che cosa succederà domani? Forse non ci sarà bisogno di andare a scuola? Potrebbe essere. Nel momento in cui avete bisogno di sapere qualcosa, potete scoprirlo in due minuti. Nicholas Negroponte dice che ci stiamo dirigendo verso un futuro in cui il sapere è obsoleto. E’ così? Sarebbe terribile. Siamo homo sapiens. Sapere: questo è ciò che ci distingue dalle scimmie antropomorfe. Ma guardatelo in questo modo. Ci sono voluti 100 milioni di anni alla natura per passare dalla scimmia all’Homo sapiens. Ci sono voluti solo 10.000 per rendere obsoleta la conoscenza. Questo è un risultato. E dobbiamo integrarlo nel nostro futuro.

La chiave sembra essere l’incoraggiamento. Se si guarda a tutti gli esperimenti che ho fatto, non era presente nessun insegnante, solo qualcuno che diceva semplicemente, “Wow!”.

La parte rettile del cervello, quando è minacciata, chiude la corteccia prefrontale, le parti che imparano. Le punizioni e gli esami sono visti come minacce. La creatività quindi è messa a tacere. Dobbiamo riportare in primo piano questo equilibrio, passare dalla minaccia al piacere.

E così dopo i mie esperimenti, sono tornato in Inghilterra alla ricerca di nonne britanniche. Ho pubblicato avvisi sui giornali scrivendo: sei una nonna britannica? Se hai la banda larga e una web camera, puoi darmi un’ora del tuo tempo alla settimana gratuitamente? Ne avevo 200 nelle prime due settimane. Conosco più nonne britanniche di chiunque altro nell’universo!

Il progetto si chiama “Granny Cloud” la nuvola di nonna: se c’è un bambino in difficoltà, noi lo mettiamo in contatto con una nonna che via skype lo incoraggia.

Quello che voglio dirvi è che dobbiamo considerare l’apprendimento come il prodotto dell’auto-organizzazione educativa. Se permetti al processo educativo di auto-organizzarsi, allora l’apprendimento emerge. Non si tratta di far sì che l’apprendimento accada. Si tratta di lasciarlo accadere. L’insegnante mette in moto il processo e poi si ferma a guardare con stupore mentre apprende.

Ho quindi progettato un futuro di apprendimento aiutando i bambini di tutto il mondo ad attingere alle loro meraviglie e alla loro capacità di lavorare insieme. La scuola nel Cloud.

Nel 2013 ho ricevuto il premio TED da 1 milione di dollari come riconoscimento per il mio lavoro e così ho iniziato a costruire una Scuola nel Cloud, uno spazio creativo online dove i bambini di tutto il mondo possono riunirsi per rispondere a “grandi domande”, condividere conoscenze e trarre beneficio e aiuto da educatori online.

Per approfondimenti: https://www.theschoolinthecloud.org

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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