La Riconoscenza

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Un’anima nobile si sentirà volentieri obbligata alla riconoscenza e non si sottrarrà timorosamente alle occasioni da cui deriva un obbligo; così pure sarà poi serena nelle espressioni di gratitudine; mentre le anime inferiori si impennano contro ogni obbligo oppure dopo, nelle espressioni della loro gratitudine, sono esagerate e troppo zelanti. 
Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano, 1878

di Beppe Grillo – Quando mi alzo di notte e bevo acqua dal rubinetto, provo riconoscenza verso tutti quelli che hanno fatto sì che potessi compiere questo gesto. Penso a chi l’acqua non ce l’ha, a chi tutte le mattine fa chilometri per raggiungere un pozzo di acqua potabile; ci dimentichiamo cosa vuol dire aprire un rubinetto e dissetarsi. Ecco, in quel momento provo un senso di piena gratitudine verso chi ha lottato, lavorato, inventato per far sì che io oggi potessi bere comodamente acqua potabile.  Sembra così banale. Non è così, ce ne dimentichiamo solamente.

Sono dell’idea che la capacità di essere grati a qualcuno sia apprezzare la vita. Chi non è grato, non apprezza la propria esistenza.

Ricordo due aneddoti fantastici di alcuni anni fa.

Mi trovavo a Diano Marina, un vecchietto per strada si avvicinò e mi chiese gentilmente: “Signor Grillo, se potesse comprarmi una fisarmonica…”. Intenerito dalla richiesta (mia mamma era una musicista) presi il suo indirizzo, gliela comprai (una bellissima fisarmonica Galanti) e qualche giorno dopo gliela feci recapitare. Dopo tre mesi ritornai a Diano Marina per uno spettacolo, il vecchietto mi stava aspettando all’uscita del teatro per dirmi di tutto! Non voleva la fisarmonica che gli avevo regalato, perchè era di 12 bassi e non  di 24! Incazzato se ne andò!

L’altro, più recente, di qualche tempo fa: nel pieno della notte fui svegliato dal rumore dell’esplosione di un furgoncino del mio vicino di casa, parcheggiato in strada. Il mezzo stava andando a fuoco. Scesi in fretta e furia (e in mutande) per cercare di spegnere l’incendio che si faceva sempre più alto. Presi il tubo dell’acqua dal mio giardino e per più di un’ora tentai di spegnere le fiamme. Ci riuscii e soddisfatto me ne ritornai a letto. Il giorno dopo incontrai il mio vicino di casa, proprietario del furgoncino andato in fiamme, mi guardò senza proferire parola e voltò la faccia dall’altra parte. Da allora non mi saluta più. Un bell’esempio di riconoscenza che si tramuta in imbarazzo nel ringraziare…mi piace pensarla così.

Ma come mai molti non sono capaci di provare gratitudine verso qualcuno?

I nostri cervelli sono in contrasto con il concetto di gratitudine. Siamo molto più propensi a essere indignati da ritardi del traffico, da chi ci fa del male o dalla valanga di  notizie negative che riceviamo.

Parte della ragione per cui ci infastidiamo molto rapidamente, e siamo invece poco propensi ad offrire gratitudine, è dovuta al fatto che “gli esseri umani hanno una tendenza negativa”, dice Christian Thoroughgood, professore di psicologia all’Università di Villanova.  Quando sono di uguale intensità, gli eventi e le esperienze negative hanno un effetto molto più potente sui nostri pensieri, emozioni e comportamenti, rispetto agli eventi ed esperienze neutre o positive. E’ emblematico come la mente umana sia più predisposta a partecipare al cordoglio, alla sofferenza, con gli altri, anzichè alla gioia. Non si partecipa alla stessa maniera alla felicità altrui.

Di sincero, la riconoscenza ha solo il primo slancio. Poi diventa una menomazione dell’ orgoglio.

“Essere sgridati  da un superiore è probabile che sconvolga di più rispetto all’essere felici perchè  qualcuno esprime gratitudine nei nostri riguardi “. Infatti, dice Thoroughgood, la ricerca sulle esperienze lavorative quotidiane dei dipendenti rivela che le frustrazioni e gli sconvolgimenti quotidiani hanno un impatto cinque volte maggiore sulle emozioni dei dipendenti .

La causa si trova nel nostro cervello e non si è evoluta molto dalla Preistoria. A quel tempo, gli esseri umani erano in grado di rilevare rapidamente qualsiasi semplice cambiamento di vento che potesse implicare qualche pericolo. La maggior parte delle volte non c’era alcuna minaccia, ma quella vigilanza continua poteva significare la differenza tra la vita e la morte. Anche se la stessa cosa non sta più accadendo oggi, l’amigdala, il nostro piccolo centro di allarme nel cervello, continua a lavorare sempre per filtrare quante più informazioni possibili per evitare pericoli.

Tuttavia, oggi ci sono molte più informazioni da elaborare, e tutta questa fonte di informazione è ancora incanalata attraverso l’ amigdala. Non c’ è quindi da meravigliarsi se, con il nostro stress quotidiano di vita e di lavoro, la rabbia domina la nostra coscienza?

Come osserva Thoroughgood, “Non pensiamo di essere grati perché spesso ci preoccupiamo troppo di pensare a ciò che è andato storto di recente”.

Ovviamente secoli di condizionamento del cervello sono difficili da superare, ma alcuni professionisti stanno attivamente cercando di combatterlo.

Secondo Thoroughgood, “la consapevolezza di sé è l’ aspetto più critico che ci aiuterà a passare dall’indignazione alla gratitudine. Possiamo costruire la consapevolezza di sé attraverso la riflessione. Una parte della nostra più grande crescita deriva dalla capacità di sedersi e riflettere, con vulnerabilità e coraggio, per appoggiarsi e imparare dalle nostre esperienze”.

E’ interessante inoltre l’aspetto della gratitudine in ambito medico.

Jeffrey Huffman (Direttore del programma di ricerca sulla psichiatria cardiaca presso l’ ospedale generale del Massachusetts e Professore Assistente di Psichiatria, Scuola Medica di Harvard) studia il miglioramento della salute mentale delle persone che soffrono di cardiopatie e altre patologie, attraverso  fattori come peso, dieta, fumo e storia familiare ma anche attraverso fattori che non sono mai studiati a fondo, quelli psicologici. Secondo Huffman la  motivazione e la speranza sono fondamentali per la ripresa.

La sua attuale ricerca parte da quello che è stato identificato come uno degli aspetti più potenti del benessere psicologico, ovvero la gratitudine.

Stiamo scoprendo che la gratitudine – dice Huffman –  verso i propri cari e gli operatori sanitari può essere una parte importante della guarigione. Si potrebbe pensare che sentirsi grati dopo aver sopravvissuto a un infarto sia comune. Ma non tutte le persone vivono la gratitudine in questo contesto. Ad esempio, solo la metà delle persone riferisce di aver provato gratitudine dopo un attacco di cuore.

Attraverso interviste approfondite con pazienti affetti da infarto si è evidenziato di  come la gratitudine possa variare – alcune persone sono naturalmente grate come parte della loro disposizione, mentre altre possono non essere inclini all’apprezzamento, ma possono sentirlo fortemente in certi momenti. Alcuni si sentono grati per il coniuge, la famiglia e gli amici; alcuni si sentono grati per i medici e gli infermieri che possono averli aiutati o anche salvati; altri ancora possono sentirsi grati non per una persona ma per concetti più ampi, come essere grati per la salute, o grati di essere vivi.

Si è scoperto che le persone che hanno riferito di sentirsi più grate erano le stesse che  avevano preso il loro farmaco regolarmente, mantenuto una dieta più sana, e ottenuto più esercizio fisico,  rispetto a coloro che non erano grati. La gratitudine ha portato una migliore qualità della vita legata alla salute e tassi più bassi di sviluppare la depressione e l’ansia.

Un motivo in più per essere riconoscenti. In alto i cuori!

Vi lascio con questo brano meraviglioso di Beppe Marzari:

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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