La Rivoluzione Digitale: intervista a Paolo Cellini

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di Beppe Grillo – Il mondo sta cambiando, e questo lo sappiamo e lo vediamo ogni giorno. Di fatto questa trasformazione è iniziata diverso tempo fa e continua a farlo. Questo mutamento continuo è però imprevedibile, per questo è necessario cercare di comprenderlo. Per farlo è necessario interrogarci su cosa sia avvenuto e stia avvenendo alla società, e come questa Rivoluzione Digitale influenzi tutti noi.

Paolo Cellini è docente di Economia Digitale alla Luiss, ha lavorato in molti paesi del mondo e per diversi marchi di fama internazionale. Da poco è uscito il suo libro “Rivoluzione Digitale – Dallo Sputnik al machine lerning” e quindi come osservatore privilegiato ha la possibilità di chiarirci le idee.

Ho fatto così alcune domande a Paolo cercando di togliere il velo di mistero su questo nuovo mondo che nessuno riesce più a capire.

La rivoluzione digitale ha cambiato inesorabilmente la vita di ognuno di noi. Sono in atto progressi e cambiamenti incredibili, ma alcuni di essi hanno più impatto di altri. Quali sono gli elementi cardine che hanno caratterizzato questa rivoluzione?

Internet, che ha rappresentato e rappresenta tutt’ora un grande catalizzatore di tutte le altre tecnologie chiave. E grazie alla riduzione delle dimensioni fisiche dell’harware e dei i costi di elaborazione/trasmissione/archiviazione dei dati e all’aumento esponenziale delle capacità di elaborazione, siamo di fronte ad un evento molto raro.

Un evento imprevedibile che nella storia dell’umanita si è manifestato raramente. Un “Cigno nero” come direbbe Nassim Taleb.

Ma Internet è molto molto di più che una tecnologia eccezionale. Perché 4 miliardi di persone, cioè più del 50% delle popolazione globale, lo usa ogni giorno e per diverse ore al giorno?

Ma c’è anche un elemento non tecnologico.

É il tasso di scolarizzazione mondiale crescente. L’istruzione è la precondizione per il mondo digital. Sottovalutiamo spesso questo recente progresso, ma è fondamentale.

Questa rivoluzione non è soltanto digitale, ma è una rivoluzione che ha effetti economici, politici, sociali e antropologici. Puoi darci qualche dato?

Giusto per avere qualche dato basti pensare che gli impatti sono senza precedenti nella storia umana. Nessuna tecnologia ha mai raggiunto una adozione comparabile. Nel mondo 4 miliardi di persone sono su Internet e 3 miliardi di persone hanno uno smartphone. A breve arriveremo a quota 5 miliardi.

Nessuna tecnologia prima aveva abilitato ogni singola persona a fare cosi tante attività: produrre e scambiare contenuti, cercare informazioni, comunicare, divertirsi, sentire musica, vedere film, ecc. Un potenziamento delle capacità personali senza precedenti, una esaltazione della persona come protagonista, al limite del egocentrismo.

Tanto che si condivide pensieri e aspetti della vita, che fino a poco tempo fa erano ritenuti privati. In altri termini è cambiata la definizione di ciò che è percepito privato e di ciò che condivisibile, perchè ognuno è diventato un “Autore”.

Mai nella storia i cittadini comuni hanno prodotto più contenuti dei sapienti, dei governi, delle aziende. É sempre stato il contrario. É uno spostamento di potere incredibile.

Poi ci sono i risvolti economici.

I beni digitali sono gratuiti. Tutti noi usiamo molto intensamente almeno una parte dei servizi digitali messi a disposizione dalle aziende: dalle ricerche di Google, alle mappe e sistemi di navigazione, alle email, all’archiviazione, ecc.

Le aziende digitali ci offrono questi servizi gratuitamente in cambio del diritto di vendere i nostri dati personali per scopi pubblicitari, cioè ad aziende che vogliono vendere dei prodotti. É un mercato che viene definito dalla teoria economica “Multisided”, cioè “a piu lati”: il consumatore non paga il bene digitale che usa, lo paga l’investitore pubblicitario al suo posto.

Ma per una serie di ragioni economiche, questi mercati tendono a concentrarsi automaticamente in pochissime aziende: oggi meno di 10 aziende dominano il mercato digitale e per la stragrande maggioranza sono Americane.

Uno studio recente, ci dice che 88% dei dati tracciati dalle app mobili va a Google, il 43% a Facebook. E non è un caso che le due aziende insieme raccolgono più del 60% della spesa pubblicitaria online mondiale. Una concentrazione globale mai accaduta in precedenza.

Ma c’è un altro importante cambiamento che riguarda tutti noi in quanto consumatori finali.

Se solo volessimo potremmo far finire tutto questo, ma non vogliamo rinunciare ai servizi digitali gratuiti per due ragioni: l’offerta impressionante di servizi digitali gratuiti permette, a noi come utenti finali, un grande potere di scelta, politica e sociale. Per esempio, basti pensare alla capacità che oggi abbiamo di esprimere opinione politiche, di influenzare le scelte altrui, di creare/ricevere/commentare informazioni in tempo reale.

Quindi ognuno di noi attribuisce un grande valore economico a questi servizi digitali gratuiti: da uno studio più recente, condotto su 200.000 americani, risulta che una persona per rinunciare per un anno ad utilizzare Google, vuole 17000 dollari, 8000 per rinunciare alle email, e così via. É per questo che siamo pronti a dare i nostri dati personali alle aziende.

Tutto questo ha cambiato in pochissimi anni il nostro mondo, e lo farà ancora.

Oggi abbiamo strumenti incredibili e soprattutto diffusi, ogni uomo che possiede uno smartphone è padrone del mondo. Dal paesino sperduto alla metropoli. Cosa ne pensi e a cosa porterà questo potere che ognuno di noi ha nelle proprie mani?

Basti pensare che su 4 miliardi di persone che vanno su internet ogni giorno, 3 miliardi di persone che usano lo smartphone. Lo smartphone è il prodotto di consumo forse più venduto di tutti i tempi.

Ma nessuno capisce che dentro ogni smartphone ci sono tecnologie che fino a pochi anni fa erano pesanti, lenti, ingonbranti e costosissime. Parlo del riconoscimento facciale in tempo reale, riconoscimento delle impronte digitali, aggancio a 36 satelliti per la geolocalizzazione, foto e videocamera ad alta risoluzione, schermo ad alta risoluzione quasi indistruttibile, elaborazione di dati grafici (poligoni) in 3d per i videogiochi, batterie ricaricabili potentissime.

Tutto questo in pochi centimetri quadrati e 200 grammi di peso.

É sicuramente lo strumento che ha portato internet ovunque e a chiunque, insieme a milioni di servizi e alla semplicità di utilizzo. Infatti a differenza dei Computer, nessuno ha bisogno di seguire corsi di formazione per smartphone. Tutto è pensato per essere intuitivo.

Tutti possono condividere con tutti. É la più grande opera di condivisione del mondo. Ha mosso piazze e scavalcato confini. Internet oggi è nelle mani di tutti e tutti possono usarlo liberamente a costi davvero irrisori. Soprattutto se paragonati al passato.

Come immagini la società del futuro? A quali altri cambiamenti andremo incontro?

La società del futuro è difficile da prevedere. L’intelligenza artificiale ha mosso i primi passi negli anni 60, ma fino a 5 anni fa era ritenuta una tecnologia lontana. Oggi è su molti smartphone. Altro esempio è Vint Cerf, che venti anni fa aveva previsto 3 miliardi di persone su internet entro il 2047. Nessuno aveva previsto lo smartphone. Bill Gates non aveva capito l’impatto di internet e l’elenco delle persone eccezionali che hanno sbagliato previsioni importanti è ancora molto lungo.

Ci sono tanti fenomeni rilevanti su cui possiamo riflettere. Il mondo diventa per la prima volta a disposizione di tutti e per tutti. Parole come collaborazione e condivisione sono valori che abbiamo cercato per secoli di diffondere, ma solo oggi ne abbiamo l’opportunità.

La rivoluzione digitale continua e si espande con un effetto a palla di neve, permanente e pervasivo. Quello che ci aspetta, è quello che sapremo costruire con queste meravigliose opportunità.

Infatti in pochi anni tutti avranno i benefici della nuova fase “Internet delle cose” o come viene chiamato di “Internet di ogni cosa”. La maggioranza degli oggetti diventeranno connessi, accessibili e monitorabili in modi che oggi non conosciamo. Già oggi, per esempio, televisori, lavatrici, condizionatori e moltissimi elettrodomestici sono connessi.

Ora ci aspetta la nuova fare, quella in cui i prezzi scenderanno e la gamma di prodotti si amplierà. Presto ci saranno più oggetti connessi che esseri umani, ogni individuo interagirà quotidianamente con centinaia di oggetti.

Così come è avvenuto per il cellulare, che se non è connesso ad internet è un prodotto di scarsissimo valore, questi oggetti diventeranno qualcos’altro.

Poi c’è il fenomeno dell’urbanizzazione.

In Italia il 70% della popolazione vive già oggi in città. Un fenomeno che cresce ogni anno e che ci porterà in pochi anni ad avere l’80% degli abitanti residenti in città. Capiamo da questi dati che tante cose dovranno cambiare.

Infatti internet delle cose e urbanesimo sono due fenomeni che interagiranno creando delle città popolate di sensori, di oggetti connessi, che interagiscono in tempo reale con i cittadini. Dal traffico, agli edifici, agli uffici, alle case, alle automobili, ogni oggetto ci “parlerà” e risponderà.

Essere cittadini digitali significherà cambiare pian piano il nostro modo di vivere. Saremo finalmente capaci di lavorare da casa, non ci saranno più scuse a questo ritardo, e voleremo di più (si stima tre volte di più). Lavoro remoto e destinazioni lontane.

Credo, infatti, che tu, Beppe, hai avuto una profonda intuizione, non scontata, cioè quella di aver capito che stava accadendo qualcosa di molto profondo, qualcosa che si stava formando, un nuovo soggetto: il cittadino digitale. Un cittadino con esigenze radicalmente nuove, derivate dalle sue esperienze digitali, come la trasparenza, assenza di intermediazione, maggiore potere individuale, accesso diretto alle informazioni e alle interazioni.

Poi c’è il mondo nuovo del lavoro.

Il progresso tecnologico dell’umanità in buona parte è dovuto alla automazione del lavoro. Le macchine hanno pian piano sostituito l’uomo in compiti ripetitivi, gravosi, faticosi e spesso fanno cose che l’uomo non può o no sa fare.

L’era digitale fino ad oggi, è stata sopratutto automazione e informazione. Ma in tutta la storia della automazione, la decisione di ultima istanza, quindi la responsabilità ultima è sempre rimasta agli esseri umani. Il grande cambiamento ora è questo, è l’autonomia in senso stretto.

Con l’intelligenza artificiale e la robotica in particolare, con applicazioni come le automobili a guida autonoma, stiamo introducendo un nuovo concetto: sono le macchine che decidono in autonomia cosa fare in situazioni critiche. Il problema è molto profondo. Se una auto a guida autonoma è in una situazione critica e deve scegliere tra sterzare violentemente ed andare in un fossato, quindi probabilmente uccidere il passeggero o continuare sulla strada ed uccidere probabilmente il passante, chi decide? La statistica? Gli eventi precedenti? Quali sensori decidono?

Tutto il sistema sociale ed economico che abbiamo costruito è centrato sull’individuazione e la ricostruzione molto complessa della responsabilità umana. Non abbiamo risposte, nè organizzazione per la responsabilità decisionale delle macchine.

Ho sempre ammesso di essere un po’ analogico e un po’ digitale. Una mano sull’ipad e una che sfoglia un libro. Nel tuo libro affermi che il mondo di internet sta mangiando il mondo fisico. É Così? Tu come ti definiresti? Il mondo analogico fa parte della preistoria? Cosa ne resterà?

Il mondo fisico, fatto di atomi, come lo chiama Negroponte, non può sparire. Non ci può essere un mondo fatto solo di bit.

Il mondo diventerà sempre più connesso, accessibile, condivisibile tramite internet e questo fenomeno non è del tutto positivo. Maryanne Wolf, professoressa di neuro-linguistica della Tufts University, nel suo ultimo libro “Lettore vieni a casa”, sostiene che la lettura su media digitali riduce le capacità di attenzione; il libro cartaceo con la sua fisicità aiuta la capacita di “lettura profonda” cioè favorisce l’empatia, il pensiero critico, la riflessione anche su stessi.Un essere umano oggi è esposto a circa 34 gigabites di informazioni ogni giorno (l’equivalente di un lungo romanzo). Serve a tutti noi, quindi una doppia alfabetizzazione ed attitudine: iper selettiva e veloce per il digitale e una profonda e riflessiva per i libri.

Ho molto apprezzato il tuo pezzo sull’incontro con Vint Cerf, il padre di Internet. Quali altre figure sono state dirompenti e hanno segnato il corso di questa rivoluzione digitale?

Direi Steve Jobs, senza dubbio. Ho avuto il privilegio di conoscerlo di persona quando lavoravo in Disney. L’invenzione dello smartphone è stata veramente geniale: lo schermo tattile per semplificare al massimo l’interazione, lo schermo amplissimo per vedere i contenuti di internet, la tastiera virtuale per avere più spazio visualizzabile, le app, un sistema operativo specifico per migliorare l’interazione con l’utente. E tutto disegnato, pensato per il consumatore finale, non per le aziende.
Ha cambiato Internet per sempre, rendendolo accessibile ovunque, liberandolo dal pc per cui originariamente era stato pensato. Gli siamo tutti profondamente debitori.

Se parliamo di digitale inevitabilmente si parla di startup. Secondo il rapporto della fondazione European Start Up Initiatives (ESI) l’Italia resta sempre un pò esclusa. Come mai?

L’Italia, è partita più tardi degli altri paesi Europei e quindi sconta un ritardo importante. Gli studi dimostrano che per creare l’industria del venture capital e delle startup, tutti i paesi di successo hanno ricevuto una fortissima spinta iniziale da parte dello Stato, sia come capitali che come legislazione favorevole.

L’Italia ha bisogno di una serie di misure coerenti e coordinate: capitali, incentivi, legislazione fiscale, attrazione di talenti anche dall’estero. Le misure e le azioni da implementare, già attivate con successo in diversi paesi sono note.

Ne cito alcune: Fondi per creare fondi di venture capital; Legislazione fiscale premiante per gli investitori in modo da ridurre il rischio; Creazione di fondi di venture capital nelle grandi aziende, cominciando da quelle di Stato (detti Corporate Venture capital); attrazione di startup in Italia per essere parte di un mercato globale; far quotare i fondi di venture capital in borsa (come in UK dove esistono i Venture capital Trust, che raccolgono 800 milioni anno) ; far investire i Fondi pensione, le Assicurazioni, piccole percentuali dei loro fondi in Venture capital (come in Francia ). Dare prestiti garantiti dallo Stato (come fanno in Israele ).

L’altra iniziativa fondamentale è la costruzione di un brand nazionale per l’high tech e promuoverlo in tutto il mondo (come ha fatto la Francia con il brand “France Tech”) una brand ombrello che unifica tutte le iniziative “Italy Tech” di cui andare orgogliosi e per far conoscere tutte le iniziative e tutti i progetti high tech italiani, per affermare che è giusto investire in high tech in Italia e nei talenti Italiani.

Infine, da accanito cultore di libri, ti chiedo quale lettura (nel tuo ambito) consiglieresti a me e ai nostri lettori?

Molto volentieri. Vi consiglio di leggere “Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale”, di Marianne Wolf, una delle maggiori neuro-linguiste del mondo, per capire le differenze tra lettura e pensiero digitale.

Poi c’è “Proust e il calamaro”, Carlo Ratti, il maggior esperto al mondo di smart city, con il suo “La città del futuro”. Poi c’è Roberto Cingolani con “Umani e umanoidi, vivere con i robot”, Paolo Benanti con “Le macchine sapienti. Intelligenze artificiali e decisioni umane”, il classico di Nassim Taleb con “Il cigno nero, come l’improbabile governa la nostra vita, Alessandro Baricco con “The Game”.

Per chi vuole leggere in inglese consiglio Joseph Henrik, antropologo che ci aiuta a capire le carattestiche della specie umana con “The Secret of Our Success. How Culture is Driving Human Evolution, Domesticating Our Species, and Making Us Smarter”. John Kay, il maggior economista inglese vivente, ed il più originale e profondo, con “Obliquity: Why Our Goals Are Best Achieved Indirectly”.

 

 

Paolo Cellini è docente di Economia digitale alla Luiss. Ha lavorato in molti paesi del mondo. É stato vice presidente della Disney per l’europa a Londra, partner di Venture Capital in Francia e in Israele, Program manager di Microsoft a Seattle, Consulente della Commissione Europea a Bruxelles. In Italia e’stato amministratore delegato di Buffetti, Direttore generale di Seat pagine gialle, vice presidente di Octotelematics e venture partner di Invitalia Ventures.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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