La Pediatria di Padova vince in umanità: i robot contro il dolore e l’ansia dei bambini

Tempo di lettura: 4 minuti

di seguito l’intervista al Dottor Roberto Mancin a cura di Francesca Vian di positizie.it

La Pediatria di Padova utilizza vari modelli di robot contro il dolore e l’ansia dei bambini. Dobbiamo questa straordinaria idea al dottor Roberto Mancin, da vent’anni ingegnere informatico della Pediatria. Lo abbiamo incontrato nel suo studio in compagnia del magnifico robot Pepper e lo abbiamo intervistato.

A cosa servono i robot a Pediatria?

E’ importante ridurre a zero il dolore in ospedale, soprattutto il dolore pediatrico.  Non ha nessun senso e va assolutamente sconfitto. A Padova utilizziamo robot diversi come tecnica non farmacologica, per la gestione di ansia e paura prima di una procedura dolorosa e invasiva (video di una conferenza TEDx dal titolo Robot Beyond Humanity).

I robot come agiscono contro il dolore dei bambini?

Prima di una operazione invasiva, come una biopsia, il bambino deve essere sedato. A tale fine si deve fare una punturina. Però il bambino appena vede un ago si mette a urlare. Tutti i bambini fuori dall’ambulatorio sentono urlare e prendono paura. La puntura non fa male: è l’ansia che aumenta il dolore. Allora si usano tecniche non farmacologiche per distrarre il bambino. Con i piccoli si usano, ad esempio, naso da pagliaccio e bolle di sapone. Negli ultimi vent’anni però l’età media delle persone che si rivolgono a Pediatria è aumentata, perché la mortalità infantile è crollata. Trent’anni fa i bambini affetti da determinate malattie morivano dopo pochi giorni; adesso diventano adulti, ma le Pediatrie non sono adeguate per ospitare e curare adolescenti e pre-adolescenti. Se mostri un naso da pagliaccio ad un dodicenne ti manda a quel paese. Invece, questo Pepper ha potere anche sugli adulti.

Vero. Pepper è di una bellezza irresistibile.

Pepper ha la capacità di sciogliere i sassi. Ma non basta. Siamo l’unico ospedale pediatrico in Italia (e forse anche nel mondo) ad avere robot diversi perché abbiamo visto che l’altezza del robot umanoide è molto importante. I bambini piccoli prendono paura quando vedono Pepper. Del resto, anche noi prendiamo paura, se dovessimo vedere avvicinarsi un robot umanoide alto tre metri. Per i bambini più piccoli usiamo un robot alto 90 cm, soprannominato Bettina (il nome commerciale è Sanbot Elf). Bettina è molto brava a ballare. I bambini dai tre ai cinque anni si tranquillizzano se la vedono ballare. Noi abbiamo avviato questo progetto nel 2015 per lottare contro l’inutile e odioso dolore pediatrico.

Contro l’inutile e odioso dolore dei bambini….

Sull’utilizzo di robot umanoidi di forma, altezza e gestualità diverse in funzione dell’età del bambino abbiamo anche fatto e pubblicato uno studio che è stato recentemente citato per la sua originalità in una prestigiosa rivista che ha preso in considerazione i migliori studi del mondo sull’argomento giungendo alla conclusione che nella lotta contro il dolore pediatrico tecniche non farmacologiche che usano robot umanoidi sono efficaci.

Come reagiscono i bambini?

Ho visto delle scene di emozione incredibile. Robot progettati per interagire con bambini fragili e vulnerabili vengono definiti “robot empatici” non perché capaci di provare emozioni (cosa attualmente impossibile) ma perché provocano delle emozioni. Un bambino impaurito, quando vede Pepper o Bettina, diventa felice. Bettina in particolare ha uno schermo e si può decidere quali espressioni fargli assumere. I bambini ritengono che il robot sia vivo; vedono un robot con la faccia triste che diventa felice grazie alla loro azione e dicono: “Sono stato io a fare sorridere il robot”. “. Inoltre, i bambini spesso non parlano con un medico o un infermiere alto (mutismo selettivo); parlano invece con un robot alto come loro. Seneca dice: “I dolori lievi consentono di parlare, i dolori grandi rendono muti”. Ho visto delle reazioni di gioia indescrivibili. Ma la parola giusta è proprio felicità. I robot portano felicità.

Come possono aiutarci i robot?

Ci sono tre tipi di robot: i robot industriali che eseguono lavori ripetitivi in fabbrica, i robot militari (es. i droni) e i robot sociali, fatti per stare con le persone, che non possono fare male a nessuno. Per esempio, ad una persona con l’Alzheimer servono a fare compagnia, a fare assistenza, a ricordare le medicine. Se si cade per terra il robot chiama il soccorso. Il robot di compagnia è molto utile anche ai bambini con disturbi dello spettro autistico. In Giappone Pepper è molto usato dalle persone sole, ma l’idea del controllo del dolore pediatrico è proprio nostra di Padova.

I robot sociali portano via il lavoro?

No. Danno lavoro alle persone. Servono persone per progettarli, costruirli, commercializzarli e farli funzionare. Il nostro progetto è stato interrotto dalla pandemia. Ci hanno aiutato Omitech (che ci ha regalato Pepper), la fondazione Cariparo e la Salus Pueri e il prof. Klaus Fisher. Ora abbiamo richiesto nuovi finanziamenti, in modo da potere ripartire anche col covid, avvalendoci di nuovi robot, ma anche di neolaureati in Infermieristica o in Terapia della Psicomotricità che possono entrare nei reparti, perché hanno fatto dei vaccini particolari.

Il futuro è Pepper?

No. Pepper, è troppo costoso. Pensi al cellullare che avevamo nel 2014: la stessa logica riguarda i robot. La tecnologia avanza in fretta. Certamente è un robot che per anni resterà il più bello in commercio anche perché i nuovi modelli puntano alla funzionalità. Anche nei prossimi anni se la necessità sarà di un “robot empatico”, un robot che emoziona e sblocca mutismi legati a disturbi autistici o ricoveri ospedalieri, Pepper sarà in prima fila. I robot più recenti costano un decimo, si rompono raramente ed è relativamente facile ripararli, sono anche molto più intelligenti e abili nella comprensione della voce di un bambino.

Inoltre, Pepper è talmente bello che potrebbe illudere e poi deludere. Con la pandemia abbiamo inizialmente utilizzato Pepper per ricordare ai bambini di mettere la mascherina. Ora sta qui in ufficio con me.

Cosa prevedete per il futuro?

Auspichiamo per Pediatria un robot svedese che si chiama Furhat. E’ una testa che parla e che muove le labbra. Può assumere l’aspetto di una persona concreta. Se uno vuole che assomigli a Galileo Galilei, il robot può prenderne l’aspetto. Per più piccoli può imitare la mamma ed il papà che non sempre possono esserci. Auspichiamo dei finanziamenti che ci permettano di proseguire questo progetto all’avanguardia.

Grazie.

All’avanguardia nel mondo i Robot contro il dolore pediatrico. Non è una questione di tecnologia: c’è proprio un’anima umana dietro idee come questa. Ci vuole una umanità superiore per pensare anche alle conseguenze della malattia in termini di emozione. Riconosciamo il merito di questo impegno civile all’Ospedale universitario di Padova.

 

Il Dottor Roberto Mancin durante lo spettacolo Insomnia di Beppe Grillo:

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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