Ottenere acqua nel deserto. Senza consumare energia.

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di Marco Bella – Senza acqua non c’è vita. Non a caso, la Valle della Morte (California) in estate è uno dei luoghi più caldi e inospitali del mondo. Persino in questo ambiente così estremo è possibile ottenere un bicchiere di acqua pura grazie alla scienza. E la fonte è sorprendente: l’aria. Infatti, la nostra atmosfera è piena di acqua: ce n’è una quantità di almeno sei volte di quella contenuta in tutti i fiumi della terra. Perché non provare a catturarla, si sono chiesti gli scienziati?

Fino a pochi anni fa, c’erano due strategie per ottenere acqua in zone aride. Una è il dissalamento: si prende l’acqua dal mare e si eliminano i sali. Tuttavia, questo processo richiede tantissima energia e il trasporto dell’acqua nelle zone interne.

Un altro approccio è quello di raccogliere l’acqua dall’aria grazie a un sistema di reti. Tuttavia, questi sistemi funzionano solo in quei luoghi dove il tasso di umidità relativa dell’aria è molto elevato, ad esempio nelle montagne del Marocco.

L’ultima frontiera è costituita dai sistemi basati su delle “spugne” molecolari, che possono raccogliere l’acqua in posti ove l’umidità relativa è davvero bassa (sotto il 20%), come ad esempio i deserti. La “spugna” deve poter trattenere l’acqua in modo efficiente, ma il legame deve essere debole a sufficienza per poi poterla rilasciare in condizioni blande, per riscaldamento o pressione. Ci sono diversi composti chimici che possono essere impiegati, tuttavia un limite è stato che una quantità elevata di “spugna” poteva raccogliere e rilasciare solo piccole quantità di acqua: fino a pochi anni fa le prestazioni dei composti più efficienti arrivavano a solo pochi grammi di acqua raccolta per chilogrammo al giorno. Il quadro però è cambiato rapidamente quando sono stati impiegando dei composti chimici chiamati MOF. “MOF” sta per Metallic Organic Framework, cioè una struttura molecolare che è costituita da molecole organiche e un metallo. Questi composti hanno delle cavità che possono ospitare delle piccole molecole, come da esempio l’acqua ma anche l’anidride carbonica per eventualmente sequestrarla dall’aria. Il MOF 303, che è costituto da una molecola della classe dei pirazoli e dallo ione alluminio, ha un’affinità fortissima per l’acqua. Infatti, può raccogliere acqua fino al 70% del suo peso, un ordine di grandezza rispetto a quanto noto prima.

L’aspetto più interessante è che il rilascio dell’acqua avviene semplicemente riscaldando il MOF 303 a 40-50 C°. Il prof Yaghi dell’università di Berkeley e collaboratori hanno messo a punto un apparecchio che assomiglia a un telescopio.

Di notte si apre uno sportello e si espone il MOF 303 all’aria più umida della notte. Non appena sorge il sole si chiude lo sportello e l’aumento della temperatura rilascia l’acqua accumulata nella notte che condensa sulle pareti ed è raccolta. Questo sistema, testato in un ambiente estremo come la Valle della Morte, e ha permesso di ottenere dell’acqua, anche se poca al momento (210-285 g al giorno, la quantità contenuta in un bicchiere).

Oltre al sistema di raccolta passivo, la cui unica energia impiegata è quella per aprire e chiudere lo sportello, sono possibili anche sistemi “attivi”, quelli in cui tramite una ventola si fa passare tanta aria sul MOF, prima a temperatura ambiente e poi calda, per eseguire più cicli in un giorno e quindi aumentare la quantità di acqua prodotta, o addirittura sistemi “adattivi” misti, cioè in base all’umidità relativa dell’aria possono operare in un modo o nell’altro.

Ovviamente, le analisi sulla qualità dell’acqua ottenuta hanno dimostro che è potabile e estremamente pura, senza rilascio dell’alluminio o di altri componenti del MOF.

I MOF usati possono essere impiegati per anni senza perdere efficienza. Il costo del MOF 303 è dell’ordine di 1-2 euro per chilogrammo, quindi, accessibile anche in paesi che non sono ricchi.

Sicuramente è importante combattere le cause della crisi climatica, ma allo stesso tempo sono necessari anche delle strategie di mitigazione degli effetti, tra cui la mancanza di acqua in molte zone del pianeta è uno dei principali.

Nonostante sul pianeta ci sia teoricamente acqua dolce per tutti, la distribuzione geografica non è affatto omogenea. Oggi gli individui che hanno un accesso insufficiente all’acqua potabile sono due miliardi e si stima che nel 2050 le persone che dovranno affrontare l’insicurezza dell’approvvigionamento idrico potrebbero arrivare a sei miliardi. Questo causerà inevitabilmente nuove crisi e conflitti.

Dove manca l’acqua, anche la pace è a rischio. Si pensi che uno degli aspetti di maggior attrito tra israeliani e palestinesi è proprio la crisi dell’acqua, che causa tensioni fortissime.

Va anche ricordato che nelle comunità rurali ove le fonti di acqua sono lontane, ad esempio quelle del Senegal, sono soprattutto le donne e ragazze sulle quali grava il peso principale di portare l’acqua nei villaggi.

L’acqua nell’atmosfera è di fatto inesauribile. Gli studi sulla cattura dell’acqua hanno necessità di tempo affinché queste tecnologie possano essere applicate sulla larga scala di cui abbiamo bisogno, tuttavia, i progressi ottenuti in solo pochi anni sono impressionanti. Si tratta di una strada lunga ma anche di una strada veramente molto promettente: scoperte scientifiche come questa hanno il potenziale di rendere il nostro mondo un posto migliore.

Per approfondire, qui un recente articolo della prestigiosa rivista scientifica Nature che racconta gli ultimi sviluppi in questo campo.

 

 

 

L’AUTORE

Marco Bella – Già deputato, ricercatore in Chimica Organica. Dal 2005 svolge le due ricerche presso Sapienza Università di Roma, dal 2015 come Professore Associato.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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