Perché il mondo ha bisogno di più sociologia digitale

Tempo di lettura: 3 minuti

Illustrazione di Pawel Kuczynski 

di Gianluca Riccio – Navigare nell’oceano digitale di oggi è un’impresa che affrontiamo col cuore troppo leggero. Ogni giorno ci immergiamo in flussi di informazioni, interagiamo con algoritmi e ci confrontiamo con nuove forme di comunicazione: quanto abbiamo davvero riflettuto sul profondo impatto che hanno sulla nostra società? La sociologia digitale emerge come una disciplina cruciale per rispondere alla domanda.

Non si tratta solo di analizzare dati o di studiare tendenze online, ma di comprendere come la nostra interazione con il digitale ridefinisca le relazioni umane, le dinamiche sociali e persino la nostra percezione della realtà.

Le piattaforme social, le app e i dispositivi sono diventati estensioni di noi stessi. Modellano le nostre abitudini, influenzano le nostre decisioni. Plasmano la nostra identità.

La sociologia digitale ci invita a guardare oltre tutti questi schermi, e a esplorare le profonde trasformazioni che ci stanno attraversando. Per questo sarà sempre più importante.

Nell’era dell’informazione, il linguaggio digitale ha ormai invaso ogni angolo della nostra quotidianità. Non parlo solo di codice binario o di linguaggi di programmazione, ma di come le espressioni digitali influenzano il nostro modo di comunicare, di relazionarci e di percepire il mondo. Nella interessante diretta su Rai Radio 1 che mi ha ospitato (potete ascoltare qui il podcast), si è parlato anche di una interessante ricerca italiana, che vi linko qui. Le ricercatrici Linda Dalle Nogare, Alice Cerri e Alice Mado Proverbio, del dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca hanno osservato che il nostro cervello interpreta gli emoji (emoticon che comunemente usiamo su whatsapp) prima e meglio di quanto faccia con un volto umano.

La scoperta sottolinea l’adattabilità e l’evoluzione del nostro cervello. Gli emoji, originariamente creati come semplici icone per esprimere emozioni in modo rapido e universale, sono diventati così radicati nella nostra cultura digitale che il nostro cervello li riconosce ora con una rapidità e una chiarezza sorprendenti, forse anche superiore a quella con cui interpreta i volti reali. Stiamo sviluppando nuove “ancore” neurali per afferrare rapidamente il significato e l’intenzione dietro un messaggio? Come sta cambiando la natura dell’empatia? Anche per questo c’è la sociologia digitale.

Sociologia digitale: dalla connettività alla comunità

La promessa del digitale la conosciamo tutti: era quella di offrirci una connettività senza precedenti. E possiamo dire che sia stata mantenuta: è vero, mai come oggi siamo stati così connessi. Ma questa connessione ha portato veramente a una maggiore comprensione reciproca?

La sociologia digitale esplora come le piattaforme online stiano creando nuove forme di comunità. Alcune di queste rafforzano legami esistenti, mentre altre possono accentuare divisioni, polarizzazioni e comportamenti che rischiano di diventare antisociali.

L’identità nel nuovo millennio

Chi siamo online? Questa domanda, apparentemente semplice, nasconde sfaccettature complesse. La nostra identità digitale è spesso una versione curata di noi stessi, influenzata da algoritmi, feedback sociali e aspirazioni personali. Dove finisce la realtà e dove inizia la finzione?

Come queste identità online influenzano la nostra autopercezione nel mondo reale? In Cina le nuove tecnologie stanno plasmando i canoni estetici. Nel Regno Unito, il 90% delle giovani donne non pubblica online sue foto se non sono ritoccate.

Le piattaforme che utilizziamo si sono evolute o involute? I Social Media sono partiti con l’intenzione di essere “social”, ed oggi sono forse troppo “media”. L’utente “medio” si confronta con una mole enorme di contenuti sempre più curati, che stonano con la realtà quotidiana, e finiranno per deformarla irreversibilmente. O per affondare i social media, almeno quelli attuali, il che non è implausibile.

“Piaccio”, quindi sono

Il meccanismo di gratificazione sociale è diventato letteralmente una valuta nell’era digitale. Ha prodotto nuove figure professionali, come quella del social media manager, o più propriamente quella dell’Influencer.

Un “mi piace”, un commento o una condivisione possono influenzare il nostro umore, la nostra autostima e persino le nostre decisioni. Quale è il prezzo di questa incessante ricerca di approvazione? E come possiamo bilanciare il desiderio di riconoscimento con la necessità di autenticità?

La sociologia digitale, uno strumento necessario per un futuro più consapevole

Pensiamo di aver fatto molta strada (e sperimentato già tanto degrado) nell’era digitale. In realtà non abbiamo nemmeno iniziato: sono passati appena 25 dalla diffusione di internet.

Navigheremo in rete ancora e ancora, anche su piattaforme ed in modi molto diversi da quelli attuali. È essenziale che ci armiamo delle competenze e delle conoscenze necessarie per navigare con saggezza.

La sociologia digitale ci offre gli strumenti per farlo, illuminando le sfide e le opportunità che ci attendono. Non esagero, credetemi, se vi dico che ci serve come l’aria. Con una visione ottimistica e soluzionista, possiamo abbracciare il futuro con curiosità, consapevolezza e speranza.

 

L’AUTORE

Gianluca Riccio, classe 1975, è direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria, copywriter, giornalista e divulgatore. Fa parte della World Future Society, associazione internazionale di futurologia e di H+, Network dei Transumanisti Italiani. Dal 2006 dirige Futuroprossimo.it, una risorsa italiana sul futuro.

 

L’articolo Perché il mondo ha bisogno di più sociologia digitale proviene da Il Blog di Beppe Grillo.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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