Sono sempre i poveri a salvare la Patria

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di Torquato Cardilli – La Destra storica ha sempre sventolato come parola d’ordine il mantra antico della difesa della Patria dal nemico. Ed è certificato che in ogni epoca sono sempre state le classi più umili, le più indigenti, le meno istruite quelle chiamate a quest’opera di salvataggio.

Il maggior numero di caduti nella prima guerra mondiale fu rappresentato da soldati del Sud, semi analfabeti che a stento parlavano italiano, mandati a morire sul Carso, a Caporetto, sull’Isonzo, sul Piave senza sapere il perché e senza capire gli ordini impartiti. Su questo terreno retorico-propagandistico ha prosperato il fascismo: agitando il vessillo del riscatto nazionale per la riconquista di una grandezza perduta, ha nascosto la vergogna delle sue leggi liberticida. Obnubilato dall’effimero successo di aver ricreato un impero di cartone, ha mobilitato il paese per farlo precipitare nell’abisso dell’orrore. Un esercito dotato di un armamento obsoleto di venti anni prima, definito ipocritamente auto trasportabile (stesso trucco usato oggi per chiamare occupabili i poveri senza lavoro), fu mandato a marciare appiedato per migliaia di chilometri attraverso l’Ucraina nel gelo della steppa fino al Don a Nikolajevka o nel deserto a El Alamein, Marsa Matruh, Tobruk, nelle montagne dell’Etiopia e a morirvi inutilmente.

Dopo la catastrofe sono stati ancora una volta i braccianti analfabeti, gli operai del Sud, che avevano visto i loro parenti partire anni prima per le Americhe in cerca di fortuna, ad essere praticamente venduti al Belgio con contratti capestro di semi schiavitù contro vagoni di carbone. Lo sfruttamento dei più bisognosi, drammaticamente testimoniato dalla tragedia di Marcinelle, continuò nella successiva ricostruzione industriale del Nord con un’immigrazione interna di centinaia di migliaia di operai e contadini meridionali.

Venendo all’oggi il nuovo Governo Meloni, fedele interprete dei valori della Destra tradizionale, dopo tanti anni di opposizione, non ha saltato il fosso della continua ricerca del nemico ed ha resuscitato la retorica patriottarda a spese dei più poveri.

Certo la difesa della Patria è tuttora considerata sacro dovere del cittadino (art. 52 della Costituzione), ma perché scomodare oggi questo concetto quando l’Italia non è sotto minaccia armata di nessuno, e soprattutto non è in guerra come si affannano a dimostrare i nostri ottimati illustri dignitari? O è tutta una finzione?

L’Italia è affetta da una perdurante arretratezza strutturale dell’apparato statale, da vistose carenze e lentezze nella giustizia, nella scuola e nella sanità, da una miseria popolare crescente, cristallizzata in tutte le statistiche ufficiali.

Il Governo anziché perseguire la coesione sociale, si è mosso in direzione opposta. Ripetendo, ad ogni occasione, la cantilena che il reddito di cittadinanza è uno spreco che sovvenziona i percettori nullafacenti che preferiscono stare sul divano e avere il sussidio senza lavorare, ha negato che questa provvidenza ha salvato dalla fame più di un milione di poveri in canna ed ha consentito ad altri due milioni di sopravvivere. Ha impostato il nuovo corso politico all’insegna del favore a chi ha di più togliendo anche il poco a chi ha di meno, perché con quel poco intende tenere in ordine il bilancio dello Stato.

Gli organi di informazione, che rispondono a lobby di potere e ad interessi a nove zeri, di fronte all’enormità dell’evasione fiscale, della corruzione, dell’occultamento di capitali all’estero, fenomeni a loro congeniali che se stroncati salverebbero davvero il Paese (dalla fontana milanese sgorgano ancora soldi?), fanno a gara nel ripetere con cadenza ciclica e con sadica soddisfazione che sono stati scoperti tot truffatori, percettori del reddito di cittadinanza senza averne titolo.

Certo ci sono stati molti abusi (per meno di un millesimo dell’evasione fiscale) per i varchi giganteschi nella legislazione, varata frettolosamente senza prevedere ferrei controlli preventivi. Di fronte alle lacune il Governo della Patria, non ha chiuso i buchi, ma ha applicato la mannaia per tutti, come se per combattere i “portoghesi” sui mezzi pubblici si abolisse il servizio di trasporto, oppure per contrastare i molti falsi invalidi si abolissero tutte le pensioni di invalidità. Non ha imposto la correzione degli errori con controlli a monte, incrociando le banche dati disponibili (Irpef, PRA, Assicurazioni, Anagrafe sanitaria, Anagrafe elettorale, Anagrafe scolastica, Anagrafe giudiziaria) ma ha preferito la cancellazione tout court del RdC con le solite scuse che la coperta è corta, che ci sono nelle ristrettezze di bilancio altre esigenze, che bisogna difendere l’Ucraina ecc. Questa motivazione inconsistente non ha retto all’esame dell’Europa che ha votato, con l’approvazione del nostro ministro del Lavoro, in favore del reddito di cittadinanza per tutti gli Stati membri. Dunque in Italia no-RdC, ma il nostro Governo vuole che sia applicato altrove. Suprema dimostrazione di coerenza!

Ma vi è di più. Rimaniamo sul terreno della coerenza. Chi attacca il reddito di cittadinanza, per un briciolo di trattamento equo nel peggio, dovrebbe attaccare anche i cassintegrati, i lavoratori che hanno perso il lavoro, quelli che grazie alla pandemia e alla crisi economica si sono trovati in 24 ore senza le risorse economiche del giorno prima. Cosa cambia tra il loro bisogno di aiuto e quello dei percettori del reddito di cittadinanza?

I politici di maggioranza debbono avere una faccia di bronzo per scagliarsi contro il reddito di 600 euro al mese, quando i loro ranghi sono zeppi di bighelloni, professionisti del divano, che incamerano ogni mese 14.000 euro, senza nemmeno fare lo sforzo di recarsi sul posto di lavoro. Non hanno bisogno di spendere per l’aereo, il treno, il bus, il taxi perché tutto è pagato dal cittadino. Manca loro semplicemente il senso del dovere.

Ma gli elettori di questi personaggi hanno le fette di salame sugli occhi o imbucano nell’urna schede precompilate?

 

L’AUTORE

Torquato Cardilli – Laureato in Lingue e civiltà orientali e in Scienze politiche per l’Oriente. E’ stato Ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola. Ha redatto oltre 300 articoli di carattere politico ed economico pubblicati in Italia e all’estero da varie testate ed agenzie di stampa.

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