Io proprietario, tu aspirante agricoltore: la piattaforma che fa rivivere i terreni incolti

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di Emanuele Isonio – C’è Renzo, pensionato che mette a disposizione il proprio terreno e anche alloggio e macchinari agricoli, chiedendo in cambio solo parte del raccolto. C’è Gemma, coltivatrice diretta che voleva far crescere la propria attività, ma non aveva le possibilità economiche per farlo. O Monica, impiegata di banca, che cercava qualcuno per far rivivere un suo terreno ormai incolto ma al quale suo nonno era molto affezionato. Insomma c’è chi ha bisogno di un terreno e chi invece vuole donarlo affinché riviva. Come fare incontrarli?

L’associazione piemontese Let Eat Bi – Il Terzo Paradiso in terra biellese ha risolto il problema attraverso il progetto Terre AbbanDonate. L’idea nasce con un obiettivo semplice: contrastare l’abbandono dei terreni e aiutare al tempo stesso chi vuole tornare alla terra. I proprietari di appezzamenti incolti vengono inseriti in un Catasto dei Terreni. Chi è invece interessato a coltivarli viene inserito nell’Anagrafe dei ColtivatoriLa piattaforma Terre AbbanDonate serve da facilitatore. Le parti sono lasciate ovviamente libere di trovare l’accordo più adatto alle loro esigenze. Ma nella piattaforma viene messo a disposizione un contratto scritto standard che rende lo scambio più facile e trasparente, dando garanzie sia all’affidante sia all’affidatario.

“Il progetto “Terre AbbanDonate” intende restituire alla loro vocazione agricola i terreni incolti presenti sul territorio biellese. Lo vuole fare però favorendo lo scambio e il dialogo tra gli abitanti e allo stesso tempo tenta di arginare episodi di abbandono e degrado del paesaggio rurale” spiegano i promotori di Let Eat Bi. “La cooperazione all’interno della comunità locale, lo sviluppo di una sensibilità volta al riuso piuttosto che al consumo, la cura del territorio in quanto luogo dell’identità collettiva passano anche attraverso la messa a disposizione di un terreno dimenticato”.

Quanto sia urgente il problema di tornare a sfruttare a livello agricolo le terre abbandonate lo evidenziano i dati di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare): in Italia si contano non meno di 3,5 milioni di ettari di terreni inattivi, che potrebbero essere riconvertiti a pascoli o coltivazioni. La stessa Ismea lo scorso anno ha deciso di mettere all’asta 386 terreni abbandonati, pari a circa 10mila ettari, dislocati in 9 regioni italiane. Destinatari preferenziali gli under 40, che possono pagare i terreni in 30 anni con rate semestrali o annuali. Iniziativa lodevole perché favorire il ricambio generazionale in agricoltura è essenziale per rivivificare le economie rurali locali, ridurre lo spreco di terre coltivabili, salvando peraltro il suolo dal rischio di degrado aumentandone la resilienza agli eventi meteorologici estremi.

Ma il progetto della biellese Let Eat Bi aggiunge il valore dello scambio gratuito e del dono reciproco tra persone di uno stesso territorio: “L’opportunità di utilizzare gratuitamente un terreno offre al privato cittadino la possibilità di rendersi, anche solo in minima parte, autonomo a livello alimentare” commenta Gemma, titolare dell’azienda agricola VegaGè, tra gli aderenti al progetto Terre AbbanDonate. “Invece chi intenda intraprendere un’attività agricola, come nel mio caso, ha la possibilità di mettersi in gioco senza rischiare i risparmi di una vita per acquistare i terreni. Inoltre più in generale, tutti i cittadini sono circondati finalmente da terreni ben tenuti e non da roveti incolti. Il paesaggio migliora, con lui l’umore delle persone e, perché no, anche il mercato immobiliare delle aree circostanti”.

“Credo che un’iniziativa del genere possa rivelarsi utile in molte realtà territoriali, non sono in quelle marginali” aggiunge Andrea, uno dei primi a scommettere sul progetto e ad aderire alla piattaforma. “Inoltre risponde all’esigenza “affettiva” di molte famiglie che, eredi di terreni di cui non possono occuparsi, vedono continuare in qualche modo le attività dei parenti di cura della terra”.

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Fonte Il Blog di Beppe Grillo

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